lunedì 16 dicembre 2013

Mauro Lanza e Andrea Valle - Regnum Animale

Regnum Animale di Mauro Lanza e Andrea Valle è un lavoro che mi appassiona per molte ragioni. Prima di raccontarvele, però, varrà la pena di provare a spiegare di che cosa si tratta.


martedì 3 dicembre 2013

Santiago Diez-Fischer - Cancion del Ciego

Evocazione, violenza, trasformazione, timbro come risultato complesso del corpo che lo causa e della pura materia vibrante. La musica è profondamente scura, l’opposto del compositore. Santiago Diez-Fischer è solare, generoso e consapevole. Non so come funzioni, ma comporre non mente. Il rigore quasi folle della ricerca personale è chiarissimo: Diez-Fischer sa benissimo che cosa sta facendo e se ne infischia del bruitismo alla moda. La sua ricerca è personale e il lavoro con gli interpreti è rigorosissimo; l’aspetto della trasmissione orale è fondamentale e i segni della partitura aiutano l’interprete a rievocare il lavoro fatto. Ascoltate Cancion del Ciego, interpretato dall'ensemble Soundinitiative.


lunedì 18 novembre 2013

Labirinti

Oggi voglio prendere spunto da "Maze" (ectoplastic laboratory), per parlare brevemente di musica e videogiochi. 

"Maze" è un software che genera contemporaneamente musica e visualizzazioni geometriche. Le due cose sembrano talmente simbiotiche da rendere difficile capire che cosa sia rappresentazione di che cosa. Che la musica sia anche geometria non lo scopriamo ora; che la vibrazione sia alla base della realtà non è solo una metafora, almeno secondo ipotesi recenti. In ogni caso, Maze è certamente una delle maniere più intriganti di esplorare questi terreni: visualizzazioni e sonificazione si compenetrano, e la grafica è coinvolgente. 



Per chi fosse a Parigi giovedì prossimo, una dimostrazione del progetto sarà presentata alla Gaîté Lyrique. La cosa affascinante, almeno sulla carta, è la possibilità di rompere gli schemi di produzione e fruizione abituali: se pensiamo all'utilizzo, Maze è uno strumento; se guardiamo la sua impostazione, Maze è un'installazione; se guardiamo la grafica e l'interfaccia, Maze è un videogioco.

lunedì 4 novembre 2013

Musica e Gesto #3

In questa terza riflessione voglio gettare un veloce e superficiale sguardo sul rapporto fra gesto e tempo, senza dimenticare il suono.

La parola “gesto” - come ho brevemente scritto in precedenza – rimanda e assume in sé una vasta pluralità di valenze semantiche. Tutte legittime e rischiosamente fuorvianti. Il gesto per il compositore rappresenta una fuoriuscita; quando è figura – combinazione di altezze e ritmi – si staglia sullo sfondo; quando è teatro – smontare lo strumento alla fine di Partiels – sfonda la situazione corrente e ne crea un'altra (sempre fittizia), e lo scarto fra le due ci colpisce e seduce; quando è movimento – captato da un sensore – trasforma elettronicamente un suono, o ne crea una molteplicità attraverso la sintesi modale. Il gesto non è solo azione muscolare, come non è solo figura o teatro. Cionondimeno, esso è un elemento che ha la proprietà dell'emergenza (dal verbo “emergere”).

La parola “tempo” rimanda invece all'enciclopedia – nel senso di Eco – dove sono raccolti fra gli altri Agostino, Einstein, Bergson, l'orologio atomico, il ciclo delle stagioni, la fuga in avanti e l'entropia. In musica – e per il compositore – il tempo rappresenta la scansione metrica, l'ordine di apparizione dei suoni, la velocità e la durata di un brano. Per esempio vogliamo che la prima parte del duo che stiamo scrivendo duri quattro minuti e trentacinque secondi, oppure ci ricordiamo che al concerto dell'altra sera dopo un quarto d'ora di esecuzione del pezzo ci siamo accorti che guardando l'orologio ne sono passati trenta, e infine sappiamo che per comporre un secondo e mezzo per orchestra dobbiamo lavorare nove giorni e più.

lunedì 21 ottobre 2013

Musica e Teatro #3



"La strada dell’arte totale è lunga e tormentata…è il punto più alto della pratica scritturale e della stessa riflessione dell’avanguardia e dei suoi labirintici percorsi: il luogo in cui confluiscono l’anima e la forma, il linguaggio e la vita, il silenzio e la parola, l’attesa e la speranza…L’arte è chiamata a rigenerare una condizione d’esistenza frammentata e dispersa, dolorosa. La poesia, il teatro, il Totaltheater, l’architettura, la pittura dovranno interpretare, rinnovandosi nel profondo, questo compito che è piuttosto una missione. Così spetterà proprio al teatro e all’architettura di guidare – diventandone modelli – gli altri linguaggi, la poesia, la musica, la pittura, la danza” 

(A. Trimarco - Opera d’arte totale )


 

Riprendo il filo del racconto da dove lo avevo lasciato. Musica e teatro, un rapporto, checché se ne dica, quanto mai intenso e vitale.
Un legame che nasce dalle tensioni, dalle ricerche, dalle esperienze del nostro vissuto e sta ormai radicandosi con sempre più forza anche nel linguaggio musicale, anche non espressamente scritto a scopi di rappresentazione.
Le moderne prospettive di esplorazione, filtrate attraverso le molteplici sfaccettature della fruizione e della sensibilità odierna, sono venute a determinarsi tramite la costante implicazione di differenti ma contigue discipline, come ad esempio le nuove tecnologie audio/video, le arti figurative, la scenotecnica e il conseguente ammodernamento di tutti i segni fisici e linguistici degli apparati drammaturgici. Ciò ha avviato un processo di riconfigurazione concettuale e intellettiva, oltre che di discussione, sul fine ultimo e sulle potenzialità del teatro musicale, allargando consequenzialmente il discorso a questioni di fondo, per lunghi tratti rimaste pressoché insolute e relative ad una pesante eredità, concernenti il lascito effettivo delle esperienze del ‘900 storico, i cui molti esiti sono risultati particolarmente fruttuosi per la rinascita del genere.
Nelle generazioni di compositori immediatamente precedenti alle nostre veniva posto al centro del dibattito il problema della comunicazione teatrale, basata sulla concezione e ideazione di uno spazio visivo estremamente complesso, in funzione di drammi non raccontati ma solo tracciati in parte o intuibili nel decorso stesso della storia, molto spesso basati più sulla fantasia intima e personale dello spettatore che su quella della medesima opera.
Nelle esplorazioni delle nostre generazioni vi è stata sempre di più una presa di coscienza della componente teatrale/visuale in funzione della storia, questo senz’altro grazie alle molteplici possibilità offerte dai mezzi moderni; in questo senso la consapevolezza degli autori a noi contemporanei risiede, molto probabilmente, nella non riduzione della componente “spettacolo” a sola e cruda sperimentazione di linguaggi e strumenti espressivi condensati in una sorta di “teatro-catalogo” di effetti spettacolari, quanto piuttosto nell’impiego, sempre più funzionale e autonomo, di tutti gli artifici conosciuti e quelli in fase di scoperta, creando i presupposti per una proiezione massimale delle possibilità immaginifiche dell’apparato teatrale, il che consente anche, secondo me, un risveglio educativo del fruitore, trovandosi egli stesso spettatore capace di interagire, e reagire, in modo creativo e consapevole nei confronti dell’opera.

giovedì 10 ottobre 2013

Giovanni Bertelli - Lorem Ipsum


Oggi vi voglio parlare di un caro amico, Giovanni Bertelli, e in particolare della sua "Alla Breve". Gli "Alla Breve" sono cicli di cinque piccoli brani, della durata di circa due minuti ciascuno, commissionati dalla radio pubblica francese a giovani compositori. Questa pratica è decisamente una delle più encomiabili della radio d'oltralpe. L'"Alla Breve" di Bertelli è secondo me uno dei suoi lavori più emblematici e più riusciti. Si intitola "Lorem ipsum", e trovate la sequenza integrale dei cinque brani a questo indirizzo (cliccate su "écouter l'émission"):


La chiave di volta è, visibilmente, l'ironia. Il teatro dell'assurdo, la trasfigurazione del far musica. L'eleganza del mondo all'incontrario, in cui la voce si spande in un basso albertino (Gervasoni docet), in un mondo sonoro fatto di clacson e granulazioni nevrotiche. La presenza elettronica è un contrappunto continuo e integrato, pensato e costruito esplicitamente per la diffusione radiofonica. Le influenze chiare, quasi dichiarate, vanno dal già citato Gervasoni a Mauro Lanza o Francesco Filidei.

La parte iniziale del "Lorem ipsum" è una rielaborazione dei primi brani di un work in progress bertelliano, la "Missa Sine Domine". La goliardia ecclesiastica e i giochi di parole sono un fil rouge nei titoli della sua produzione (ricordo ad esempio una "Toccata della Madonna" per organo…), un modo ironico ma gentile per mordere a tutto tondo, senza vero anticlericalismo (forse anzi ne sono un antidoto?) e senza prendersi troppo sul serio, perché poi in fondo prima o poi arriverà qualcuno a riservarci lo stesso trattamento, e nemmeno noi gradiremmo che costui si prendesse a sua volta troppo sul serio, no? Prendersi sul serio è un peccato mortale; prendere sul serio la vita equivale a perdere il senso della morte: alla fine non ci rimane in mano nulla, nemmeno il gusto di esserci divertiti alle sue spalle, per una manciata di tempo.

sabato 5 ottobre 2013

/nu/thing in biennale!


Ci siamo! Domani, Domenica 6 Ottobre, nella Sala delle Colonne di Cà Giustinian, a Venezia, insieme al Quartetto Maurice (Giorgia Privitera, Laura Bertolino, Federico Mazzucco, Aline Privitera),  Laura Catrani (voce), Igor Caiazza (percussioni), Carlo Teodoro (violoncello) e Daniele Ruggieri (flauto), e con la regia elettronica di Andrea Agostini e Marco Momi, siamo lieti di presentarvi il concerto che abbiamo pensato, progettato e realizzato per il cinquantasettesimo Festival di Musica Contemporanea "La Biennale di Venezia". Perciò siamo molto grati e riconoscenti verso il direttore della Biennale Musica, Ivan Fedele, per averci affidato questo spazio all'interno della programmazione del festival, un momento in cui possiamo esporci ed esporre, senza timore e con piena consapevolezza, le scelte artistiche che abbiamo maturato negli ultimi mesi. Così come è avvenuto per il concerto di marzo realizzato in collaborazione e su invito del Divertimento Ensemble e Sandro Gorli, anche in questa occasione presentiamo autori e lavori che ci hanno colpito per la loro personalità, e che vi sono stati brevemente introdotti nei due post precedenti. E così come riporta il link della biennale sul concerto, abbiamo voluto pensare e proporre un concerto-playlist, una serrata concatenazione di lavori acustici, elettroacustici e visuali che hanno almeno due fili conduttori: la personalità del lavoro e di chi l'ha ideato, e un riferimento al molteplice universo del popolare e delle sue reificazioni mediatiche. Una /nu/playlist ricca e diversificata, con le orecchie e gli occhi aperti su piani paralleli e mutuamente intersecanti, senza paure di sorta. Vi aspettiamo dunque domani, e venite numerosi! 

venerdì 4 ottobre 2013

Aspettando domenica - seconda puntata

Il concerto /nu/ si approssima, e così vi presentiamo la seconda puntata di introduzione alle opere che saranno suonate. Ovviamente, sempre a firma collettiva! Buona lettura, e non mancate!

Aurélio Edler-Copes - Interférence


L'interferenza è un disturbo che molesta un supposto ordinario trascorrere degli eventi. Nel campo catodico, l'immagine viene interrotta a più riprese da schermate brulicanti di puntini bianchi e neri in caotica evoluzione, o da bande che salgono o scendono periodicamente; l'audio restituisce un rumore bianco uniformemente agitato o delle frequenze quasi sinusoidali.


Lo schermo di Aurélio funziona in un modo più interessante. L'immagine è il caso informe, e la sua perturbazione sono dei suoni forse a noi più familiari, forse a noi più vicini - corde grattate, tessiture lontane. Sullo schermo di Aurélio l'immagine è fine e sottile, e il disturbo non la cancella, ma la cerca e la esalta.



Chris Swithinbank - All the time that you have what we have / All the time that you have


Un lucido salto dell'immaginazione, e Chris propone di gettare uno sguardo passando il limite che i corpi ti impongono. Oltre la lentezza e il peso dell'arco, oltre il termine della voce e del suo sforzo esiste altro - ed è il tempo che accoglie le azioni semplici, come tagliare, fischiare e frammentare il verbo, e che tu hai del tutto.



Mario Diaz de León - Trembling time II


Non l'espressionismo ultimo della musica satura francese: piuttosto lo zen del feedback, della distorsione armonica, del suono immenso, i mantra elettrici giganteschi del rock estremo in mezzo al quale Mario Diaz de León è cresciuto - e, del rock estremo, anche una certa, speciale declinazione rigorosa del caos. Qui i decibel vengono sublimati nell'ascetismo sonoro di un trio d'archi, ma il senso (lo zen, il mantra, il rigore e il caos) rimane.



Satoshi Tomioka - Usavich


Ciò che mi attira di Usavich è una cosa, precisissima: il fatto che un lavoro del genere sarebbe piaciuto farlo a me. L'invidia sta nel fatto che l'intera serie è spiccatamente musicale: la maggior parte delle azioni derivano direttamente da un gesto sonoro, oppure ne sono accompagnate indelebilmente. Il prototipo di tutto questo è la danza dei cosacchi di Putin (il coniglio con la maglia a righe bianche e verdi), che diventerà la fibra di tutte quante le stagioni, e che, alla bisogna, i creatori si divertiranno a spogliare, anestetizzare o reinterpretare. L'interesse sta nel cogliere un gesto, unico, elementare, iterativo, ma perfettamente integrato da reggere cinque stagioni di una dozzina di microepisodi l'una.



Fabio Cifariello Ciardi - Due piccoli studi sul potere



Contaminazioni... no. Dei « Piccoli Studi sul Potere » non è interessante conoscere l’originale spinta extra-musicale per giustificarne il mezzo "bastardo" e non sono nemmeno interessanti eventuali considerazioni in relazione patristica dei mezzi: videoarte? speech-tracking softwares? No. L'accettazione del gioco allo scoperto è la coraggiosa soluzione, lineare nei tre minuti: spietata. Se l'eversivo c'è, l'autore ci fa capire chiaramente che non sta nel medium (suono o immagine) ma nello scollamento tra i media (che porta a fregarsene degli stessi). La sofisticazione non è l’unico modo per rendere il suono un alias. Dilla schietta! Niente iper-strumenti o eccessi di formalizzazione e… ricordati... è una questione sociale, politica. Ci sei anche tu nella nenia e allora: impara a leggere i crudi respiri!!! Straniante alla fine del gioco e iconoclasta.


--- fine della seconda puntata

giovedì 3 ottobre 2013

Aspettando domenica - prima puntata

Il /nu/-evento veneziano si avvicina e vorremmo darvi un piccolo sguardo in due puntate sulle ragioni per cui abbiamo scelto di proporvi le opere in programma. Ognuno di noi ha detto la sua, ma preferiamo mettere un'unica firma collettiva - chi poi avrà voglia di giocare potrà chiedersi chi ha scritto cosa: in almeno due casi è molto facile…


Simon Steen-Andersen - Next to Beside Besides

Sedersi sullo sgabello e tenere come sempre lo strumento tra le gambe. Stare pronti. Avambraccio e braccio destro in posizione. La mano destra mantenga ben salda la presa, e - sfregando con forza - la dita della mano sinistra prendano le posizioni senza errore. Il movimento in su e in giù trasmetterà suoni chiari e perfettamente intelligibili. Sulle pause bloccarsi integralmente, sulle note non indugiare mai. Restare vigili, comunicativi, limpidi. Il lavoro è astuto e bello, e le note vanno suonate come stanno.

Solo una cosa: ricordarsi che accanto c'è il violoncello.


Simon Steen-Andersen - Study for string instrument #2

Il compositore ama il doppio.
Ci sono due strumenti e a volte sembrano soltanto uno.
Il violoncello glissa in alto e in basso,
e il pedale distorsore si abbassa e si alza.
Il pedale distorsore si alza e si abbassa,
e così il violoncello glissa in basso e in alto.
C'è soltanto uno strumento e a volte sembrano due.
Il compositore ama il doppio.


Kristian Ireland - Clearing (I)

Mi ricordo il primo ascolto del brano, a Acanthes 2007, nell'esecuzione del quartetto Arditti. Me lo ricordo perché assordante, pieno, scuro, per nulla convenzionale. E soprattutto molto diverso dagli altri quartetti degli studenti, presi, me compreso, dalle figure del linguaggio in voga. La cosa forte per me era stato l'atteggiamento di rimettere tutto a zero, però con una certa violenza. […] Clearing I è un gesto di liberazione, che in fondo deve, per continuare la sua energia, restare unico.


Valerio Murat - Coppi

Una partitura esuberante, ipercinetica, ironica, teneramente malinconica. Suoni, parole, respiri, immagini concitate e confuse come nella grammatica nebbiosa del sogno. E una domanda che ci sta a cuore: può un linguaggio musicale così spesso austero parlare della minuscola epica nazional-popolare di un campione sportivo, insomma di cose piccole e calorose e vicine - insomma, può la musica contemporanea parlare? Noi crediamo di sì e, ciò che più conta, Valerio Murat crede di sì.


Emanuele Casale - Composizione per voce

Per chi è stanco di parlare e formulare sulla "necessità di nuovi stili vocali nella musica contemporanea". Il popolare è buona cosa? non necessariamente, ma di certo è genuino quando non è sovrastruttura, quando diventa continua riformulazione (rito) del prototipo, quando è immanente! Questa voce è taglio in un marmo antico, ne senti il peso e senti la lama che esperta taglia senza tradire l’orgogliosa età della materia prima. Il peso della « litania fino all’ultimo fiato » non chiede nulla e le donne prefiche stanno nel tempo frequenziale col semplice ritmo del respiro. Il respiro non diamolo per scontato: è soffio vitale e quando finisce la senti l'emergenza.

Tutto è frontale.


 --- fine della prima puntata

martedì 1 ottobre 2013

Venghino allo Spazio/Voce Nuthing!!! 57. Biennale Musica - Venezia!





Siamo pronti.

Domenica 6 Ottobre alle ore 15:00 a Venezia - Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian vogliamo festeggiare con voi l'esperienza più coraggiosa della nostra vita musicale: /NU/THING !

Fatto Coraggioso 1: il Direttore Artistico della sezione Musica della Biennale di Venezia (Ivan Fedele) ci ha proposto la direzione artistica di un concerto!
CARTA BIANCA /NU/THING

Fatto Coraggioso 2: abbiamo lavorato 3 mesi per definire un programma che sfida noi, i musicisti e il pubblico!
1H DI SPETTACOLO

Fatto Coraggioso 3: abbiamo scelto di lavorare con splendidi giovani musicisti!
QUARTETTO MAURICE • IGOR CAIAZZA • LAURA CATRANI

Fatto Coraggioso 4: molte prime esecuzioni italiane, giovani - grandi compositori che (solo?) l'Italia poco conosce!
SIMON STEEN-ANDERSEN • KRISTIAN IRELAND • CHRIS SWITHINBANK • AURÉLIO ELDER-COPES • MARIO DIAZ DE LEÓN

Fatto Coraggioso 5: l'Italia di chi (r)esiste in Italia!
EMANUELE CASALE • FABIO CIFARIELLO CIARDI • VALERIO MURAT

Fatto Coraggioso 6: abbiamo portato MTV alla Biennale Musica!
USAVICH di SATOSHI TOMIOKA

Fatto Coraggioso 7: per voi non il solito concerto ma un Concept Concert!
PLAYLIST + NUTHING = PLAY/nu/LIST #1

Dite la verità... vorreste saperne di più? e allora...

CORAGGIO! TOCCA A VOI! Ci vediamo Domenica prossima nella Splendida Venezia!!





lunedì 16 settembre 2013

Gadget

Ci sono delle tendenze oggi? Certo, molte e diverse almeno quanto i compositori. Ce ne sono però alcune che toccano più protagonisti della musica di oggi. Per esempio quello che definirei l'utilizzo di gadget vari: oggetti quotidiani, tubi, carillon, oggetti che distaccano e stupiscono. L'effetto è spesso forte; per alcuni ha un risultato ironico, per altri più brutale e lirico. Parto soprattutto dalla mia esperienza in concerto, senza essere esaustivo, e forse sbagliandomi in pieno. Quello che vorrei risultasse sarebbe un confronto sulle questioni sollevate; per esempio, se l'utilizzo di gadget sia semplice ironia educata e divertente che urbanizza le intuizioni più radicali di un Lachnemann, per esempio. A volte ho questo dubbio e a volte non ho voglia di ridere.

venerdì 13 settembre 2013

/nu/thing alla Biennale Musica 2013


La Biennale di Venezia ha affidato a /nu/thing la direzione artistica di un concerto, che si terrà il 6 ottobre alle ore 15.00, nella Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian.

Eccovi un'intervista introduttiva e il programma completo:

lunedì 22 luglio 2013

Yeah yeah yeah

Visto che stiamo per entrare nel pieno della canicola estiva, questa volta non voglio annoiarti con una lunga requisitoria sulle varie magagne della musica contemporanea - sociali, musicali, politiche, etiche, economiche, potrei andare avanti a lungo...

Ti voglio invece parlare (però brevemente, paratattico, strofa ritornello e via, i tre minuti di una facciata di 45 giri) di una mia grande e per nulla segreta passione: il rock'n'roll. Yeah yeah yeah.


lunedì 8 luglio 2013

A un certo momento

A un certo momento, scegliere di non scrivere più una nota. Deporre la matita. Chiudere i fogli pentagrammati nel cassetto. Interrompere il canale che congiunge l'orecchio interno e la mano competente. Riconoscere di non avere più nulla da dire, assumerne la responsabilità e le conseguenze. Solo allora è lecito dire che la propria musica è morta.

A un certo momento, scegliere di scrivere ancora. Riprendere il lapis fra le dita. Portare i fogli dal cassetto al tavolo. Ristabilire il contatto fra le orecchie e il lavoro. Rispondere al bisogno rinato, assumere tutto ciò che comporta. Allora, la propria musica rinasce.

Tale momento è puntuale. Arriva solo una volta nella vita.
Tale momento è molteplice. Lo si vive ogni giorno.

Ognuno lo sente arrivare con un ritmo diverso. Non sempre ne conosciamo lucidamente le motivazioni. Spesso ci diamo delle spiegazioni, a volte azzeccate, a volte consolatorie. Però.

Voi, perché scrivete?

Voi, perché non scrivete più?

domenica 23 giugno 2013

Possibilità e giochi di potere

"Quando un popolo non ha più senso vitale del suo passato si spegne. La vitalità creatrice è fatta di una riserva di passato. Si diventa creatori anche noi, quando si ha un passato. La giovinezza dei popoli è una ricca vecchiaia"
(Cesare Pavese)


Ci sono argomenti che spesso innescano emozioni contrastanti, sensazioni di sdegno mescolato con il turbamento per una generazione allo sbando. La percezione del nostro tempo che si confonde con necessità altre e discutibili. Di mancanze così abissali da generare sintomi di disorientamento al confine con la paura, con l’ansia di perdere il terreno sul quale incamminarsi.
È un timore basato sui fatti della realtà che ci manipola e ci fa sentire sempre più minuscoli all’interno di un panorama considerato elitario, autoreferenziale e a forte esclusione. È un timore vero, a volte tangibile negli atti compiuti da chi ti aspetti possa agire con un qualche barlume di lucidità, di trasparenza e lungimiranza nelle scelte. C’è sempre la speranza di un gesto, “dall’alto”, che possa innescare un cambiamento, una svolta reale, un segnale forte.
Utopia? Non saprei dirvi, ma gli anni della mia piccola personale esperienza mi suggeriscono che il cambiamento lo dovremmo dettare noi, che obtorto collo siamo artefici solitari del nostro disegno di vita. Un destino certo, reso sempre più tortuoso a causa di un certo tipo di  scelte e decisioni che hanno caratterizzato i decenni precedenti e di cui oggi paghiamo tutte le conseguenze.
Comprendetemi, non c’è rabbia nelle parole che leggerete e che forse potrebbe trasparire da esse, né alcun attacco, ma semplicemente una cronaca, magari un po’ dura, nei confronti di un sistema generale che sta cadendo a pezzi e lentamente implodendo, dove sarebbe opportuno rimediare prendendo decisioni radicali o improntate almeno sul buon senso.
Invece ci troviamo spesso a discutere fra noi su cose che sistematicamente prendono pieghe sbagliate e il più delle volte disattendono determinate aspettative.
Mi ha fatto molto riflettere una cosa che Marco ha scritto nel suo post di qualche tempo fa: “I rapporti di forza che legano queste parti del puzzle hanno creato negli ultimi anni una macchina di gestione della politica musicale italiana estremamente particolare, le cui scelte (sempre meno oggetto di discussione aperta) si sono tradotte in fatti. C'è chi ha partecipato a queste scelte curando per lo più il proprio interesse, c'è chi l'ha fatto pensando alla difesa del bene pubblico, c'è infine chi ha scelto di non curarsene.”

lunedì 10 giugno 2013

Michele Sanna - Soundrise

Questo lunedì voglio scrivere di una partitura: si tratta di Soundrise, di Michele Sanna. Anzi no, più che parlarne vorrei ascoltarla con voi, goderne prima di tutto. 

PREMESSA 
Michele Sanna è un giovane (non giovanissimo) compositore nato nel 1981 a Cagliari, dove vive tuttora. Chitarrista (elettrico), pratica il Jazz e la scrittura (come compositore si forma principalmente a Milano). L’aspetto biografico ha una qualche incidenza nel senso del post come si leggerà nelle conclusioni.

SOUNDRISE 
Il brano è una commissione del Divertimento Ensemble ed è stato eseguito in prima nella stagione 2013 dello stesso Ensemble milanese.

mercoledì 5 giugno 2013

Microstagioni a microbudget

Spesso in questo blog abbiamo parlato della distanza tra l'attività musicale italiana e estera. Abbiamo anche evocato il fatto che i compositori sono soli, disorganizzati e incapaci di fare un fronte comune. Le autocritiche possono continuare e toccare più punti: pochi soldi e poca cultura, poca educazione e professionalizzazione, ecc.

lunedì 27 maggio 2013

Filippo Perocco - Studi per violino

Con questo post inauguriamo un cambio di modalità nel blog: proviamo a accantonare il sistema dei semafori, per cercare di parlare di un numero maggiori di brani (date un'occhiata alla pagina /nu/list). L'obiettivo è sempre parlare di ciò che ci piace o ci ha colpito, e segnalarvelo, e discuterne.

Oggi vi propongo alcuni studi per violino solo di Filippo Perocco, che ho sentito recentemente dal vivo all'Istituto Italiano di Cultura di Parigi, suonati da Marco Fusi. Il lavoro mi ha sinceramente colpito: tornato a casa, l'ho cercato su internet per proporvelo, trovando solamente il filmato che vedete poco più in basso. Non gli rende giustizia; non tanto per una questione di esecuzione (è sempre l'impressionante Marco Fusi che suona nel video su Youtube, benché ho la sensazione che nell'esecuzione di Parigi i pezzi fossero "maturati" – il che è abbastanza naturale), piuttosto perché credo che questo brano rientri nel novero di quelli che fanno vibrare qualcosa di speciale dal vivo, altrimenti la magia un po' si perde.



lunedì 13 maggio 2013

"Rassegno le dimissioni dalla Nuova Musica"

Desidero qui riassumere, e in parte tradurre, l'articolo del musicologo e critico Michael Rebhahn, "I Hereby resign from New Music", che sarà pubblicato sui Darmstaedter Beitraege zur Neuen Musik, Vol. 22, nel 2014. Gli argomenti sollecitati si riallacciano al nostro primissimo post sulla morte della musica contemporanea. Questo testo continua il dibattito allargandolo a un contesto internazionale. Potete scaricare il testo originale qui.

Il problema toccato non è più la morte della musica contemporanea ma piuttosto il radicale cambiamento del sistema di produzione e diffusione della musica di ricerca: le accademie di oggi si basano sulle avanguardie di ieri e la musica che definiamo contemporanea non ha più, se mai lo ha avuto, un impatto o almeno un dialogo con la società attuale.

Condivido i punti che Rebhahn enuncia e mi lascio un po' di tempo per immaginare una risposta che spero venga da un dibattito tra di noi. Tuttavia ci sono delle criticità che voglio anticipare anche per introdurre il testo. Rebhahn propone una tassonomia sociologica del compositore di oggi. Tuttavia questa tassonomia si basa su alcuni argomenti che non condivido appieno, in particolare nella nozione del "conservatore". Secondo Rebhahn, il compositore conservatore è quello che dedica il suo tempo a affinare e perfezionare il suo linguaggio diventando così un artigiano senza idee. Non condivido il punto per due ragioni che enuncio molto brevemente lasciando aperto il dibattito. La prima: la fattura musicale non può e non deve essere un problema, anzi. Si possono dire tante cose, piene di contenuto, con molta eleganza. La seconda: mi sembra che Rebhahn limiti il campo della creazione musicale in qualcosa di più stretto e definito teoricamente, facendo così la stessa mossa che si fece riguardo alla Neue Musik del dopoguerra.

Su un punto sono invece assolutamente d'accordo. La categoria di "musica contemporanea", morta e desueta, deve lasciare il posto a un maggiore intervento dei compositori nella realtà sociale e nel rapporto con le altre arti. Penso che la situazione economica e sociale attuale abbia bisogno di nuovi contenuti ai quali noi dobbiamo contribuire. 

venerdì 3 maggio 2013

Concorso Internazionale della Cavatina Subacquea

Portiamo all'attenzione dei Sigg. Maestri un nuovo concorso di composizione promosso dall'associazione lirica "Musica Bella".


Scarica qui il pdf del volantino con il regolamento.

lunedì 29 aprile 2013

"Non è più tempo di tagliatori di diamanti"



Torno per l'ennesima volta sulla mia ossessione: quali sono le cause del nostro isolamento? Qualche tempo fa, in risposta all'ultimo post di Marco, avevo lanciato una domanda: ci sono state, nella produzione dei compositori che ci hanno preceduti, anche ragioni puramente musicali che hanno fatto scappare il pubblico che invece Berio, Maderna, Donatoni avevano? Ho ritrovato di recente una citazione di Berio che forse non avevo mai veramente capito, e dalla quale è scaturita una riflessione, no, piuttosto un insieme di sensazioni disorganiche che proverò ora a condensare in qualcosa che assomigli a un pensiero: generalizzando, semplificando, ma - spero - riuscendo a scovare qualche indizio che ci aiuti a capirci qualcosa.

lunedì 15 aprile 2013

Gesti #2

Al termine del post pubblicato poco tempo fa ho posto alcune domande in merito al ruolo del gesto nel tempo musicale, in ciò che chiamiamo forma, e di un suo possibile senso nel fare compositivo.

Quest'ultima mi sembra la domanda chiave, quella che dà senso a tutto il resto. Altrimenti detto: c'è davvero bisogno del gesto per comporre?

La risposta non la conosco. Posso azzardare dicendo che non è così importante... migliaia di compositori lavorano attraverso elementi e strategie diverse, lo sappiamo bene: dialettica, ritaglio, campi armonici, ironia, ibridazione, saturazione, formalizzazione, alea, anti-retorica, lavoro, e via così. Ognuno di tali termini può dire qualcosa di quell'oggetto verbalmente sfuggente che scriviamo con le note e ascoltiamo con le orecchie, e del modo col quale ci rapportiamo ad esso.

Probabilmente anche il gesto rientra in tale discorso. Per qualcuno può essere importante, per altri niente affatto. Per coloro che vi hanno a che fare si apre una pletora di definizioni diverse di ciò che è o non è gesto, e che costituiscono un insieme ben poco coeso – e ne ho citate alcune all'inizio del post precedente. Tutte sembrano avere bisogno di qualcos'altro per possedere un senso.

domenica 31 marzo 2013

Musica e teatro #2

Io sento e scrivo questi testi come se fosse musica. Si tratta di una sorta di variazioni su temi che decompongo progressivamente e che diventeranno (ir)riconoscibili quando il testo sarà pronto. 
G. Aperghis 

“A seguito di questa evoluzione provocata dal demiurgo gli uomini persero i loro corpi sonori, luminosi e trasparenti, e cessarono di librarsi nell'aria. Divennero pesanti e opachi e, allorché cominciarono a mangiare i prodotti della terra, la loro natura acustica si attutì a tal punto che rimase loro soltanto la voce.” 
(Marius Schneider, La musica primitiva, Adelphi 1992, p.37) 




Come promesso la volta scorsa, con il presente riprendo, senza voler per questo essere esaustivo, il discorso riguardante il rapporto fra “musica e teatro”, fornendo qui una nuova retrospettiva. 

Nel post precedente vi parlai di Kagel e le sue sperimentazioni. Intendo continuare nello stesso filone  musical-drammaturgico parlando di quello, che secondo me, rappresenta il suo erede naturale: Georges Aperghis

Sono molti i lavori che ho avuto occasione di vedere/ascoltare dal vivo o in registrazione, e mi hanno sempre colpito ed entusiasmato per lo speciale trattamento che egli riserva all’apparato testuale ancor prima che musicale. Le parole, le sillabe, non sono semplici fonemi, ma qualcosa di più. E molto spesso sembra quasi che la componente teatrale risulta essere aliena, o quasi mai presente allo stadio iniziale nelle intenzioni del compositore. 

domenica 17 marzo 2013

Socialità. Tra cerchie e solitudine.


In un precedente post mi sono soffermato sul carattere spiccatamente autoreferenziale di parte della critica musicale italiana: cultura = spettacolo, niente studio delle fonti contemporanee, lenti ingiallite e quanto mai orgogliose di esserlo. Ora vorrei riflettere su un punto a me più caro, spesso fonte di distratti pensieri e di solenni arrabbiature miste ad affetto sincero. I compositori nostri maestri: conosciuti frequentati o semplicemente ammirati per le loro opere.

Guai a fare di tutta l'erba un fascio e guai a proporre dei distinguo generazionali dal sapore di rottamazione, appetiti insani sono spesso presenti in quantità esponenziale nella categoria "allievi dei maestri". Mi limito a definire "nostri maestri" i compositori italiani che godono di strameritata fama artistica e stima del contesto mondiale e mi limito a cercare di capire se c'è traccia di una qualche loro responsabilità di categoria nelle dinamiche che portano l'Italia musicale a galleggiare.

mercoledì 13 marzo 2013

Nuova pedagogia musicale #2

Un altro piccolo bonus per i lettori di questo blog: eccovi le prime pagine di alcune interessantissime novità editoriali!




lunedì 4 marzo 2013

Usavich

Per festeggiare il primo compleanno di /nu/thing, vi propongo una promozione piuttosto particolare.

Si tratta di Usavich, un cartone animato giapponese a brevi puntate (circa un minuto ciascuna) ambientato in Russia che vede come protagonisti due conigli carcerati (almeno nella prima stagione: per chi fosse interessato, il lavoro prosegue per altre quattro stagioni. L'art director è Satoshi Tomioka, lo storyboard è di Aguri Miyazaki, la musica è di Daisuke Ueno.
Ciò che mi attira di Usavich è una cosa, precisissima: il fatto che un lavoro del genere sarebbe piaciuto farlo a me. L'invidia sta nel fatto che l'intera serie è spiccatamente musicale: la maggior parte delle azioni derivano direttamente da un gesto sonoro, oppure ne sono accompagnate indelebilmente. Il prototipo di tutto questo è la danza dei cosacchi di Putin (il coniglio con la maglia a righe bianche e verdi), che diventerà la fibra di tutte quante le stagioni, e che, alla bisogna, i creatori si divertiranno a spogliareanestetizzare o reinterpretare. L'interesse sta nel cogliere un gesto, unico, elementare, iterativo, ma perfettamente integrato da reggere cinque stagioni di una dozzina di microepisodi l'una.

lunedì 25 febbraio 2013

Divertimento e /nu/thing a Milano e Bologna

Mercoledì 6 marzo
Milano, Auditorium del Sole 24 Ore
ore 20.30
Venerdì 8 marzo
Bologna, Oratorio S. Filippo Neri
ore 20.30
Il Divertimento Ensemble sarà impegnato mercoledì 6 marzo, nell'ambito della sua stagione Rondò, a Milano, e venerdì 8 marzo, invitato a Bologna dall'ensemble FontanaMix al festival MICO, nel progetto "Carta bianca ai giovani": un concerto in cui siamo presi carico in prima persona della programmazione. Siamo estremamente grati a Sandro Gorli e al Divertimento Ensemble, per averci dato questa straordinaria opportunità, che sin dall'inizio abbiamo considerato come una sfida per uscire dai confini della pagina scritta.

Se vi trovate in zona e siete curiosi, venite e portate con voi amici e parenti! Per lasciarvi l'acquolina in bocca, abbiamo pensato di scrivere collettivamente qualche parola su ognuno dei brani in programma.

lunedì 18 febbraio 2013

Kristian Ireland - Clearing I

Questa settimana voglio proporvi l'ascolto di Clearing I, di Kristian Ireland, compositore australiano nato nel 1975, formatosi principalmente negli Stati Uniti ed in particolare con Brian Ferneyhough. Dopo una pausa di qualche post ricominciamo con una promozione. Come sempre l'idea è quella di proporre compositori poco conosciuti in Italia, o quasi per nulla, come nel caso di Ireland.

lunedì 4 febbraio 2013

Nachklänge aus dem Theater

Torino, RaiNuovaMusica. Bella rassegna, bel cartellone e infatti venerdì sono andato a sentire il concerto di apertura (non è proprio vero, sono andato alla prova generale ma ai fini del post fa lo stesso). Un monografico su Berio, per celebrare il decennale dalla scomparsa - Eindrücke, Requies, Sinfonia, programma lautissimo insomma, e sono uscito contento dall'Auditorium: ma con opinioni diseguali sulle tre portate, e un tarlo di riflessione che vorrei condividere con voi.

lunedì 21 gennaio 2013

Gesti #1

Con questo post comincio una riflessione su un argomento che già da qualche tempo è fra gli interessi di molti musicisti, di teorici della musica, e da alcuni compositori della nostra generazione – e forse anche di quella precedente. Si tratta del gesto musicale.

Il gesto musicale è un argomento molto sfaccettato, che si può declinare in diversi modi. Parliamo di “gesto del compositore” quando ci riferiamo a una collezione di figure musicali a lui proprie, e che ricorrono variamente nel corpus delle sue opere. Parliamo di “gesto strumentale” quando associamo certe figure, o passaggi, o topoi ad uno strumento specifico piuttosto che a un altro. Parliamo di “gesto dell'interprete” quando individuiamo nell'esecuzione di questo o di quell'altro strumentista un elemento performativo che lo differenzia e lo caratterizza specificamente rispetto agli altri, e – molto probabilmente – ne costituisce proprio l'essenza. Infine ci riferiamo ad un “gesto teatrale” quando la musica di un certo compositore (vedi Kagel – e per questo rimando al post di Raffaele sul Teatro – ma anche Grisey!) si appropria del mezzo teatrale per ampliare ed arricchire il linguaggio artistico.

venerdì 18 gennaio 2013

Nuova pedagogia musicale #1

Come piccolo bonus al di fuori dei lunedì nuthinghiani, ecco in anteprima i primi due libri della nuova raccolta Ricordi :-)



lunedì 7 gennaio 2013

Musica e teatro #1

La musica e l’arte non bastano a se stesse se arrivano a scardinare il sistema di coordinate fondato sulla conoscenza e l’esperienza del ricevente, cosa non rara confrontandosi con il nuovo. In questo caso sorge la necessità di avvalersi anche di parole. L’errore del passato fu credere che la musica non avesse, in quanto arte autonoma, bisogno di un commento esemplificativo; un’illusione che non corrispondeva ai fatti. Entrambe, sia l’arte che la musica, non possono fare a meno della parola...
(Mauricio Kagel)



Ho l’onore con la presente riflessione/retrospettiva di aprire il nuovo anno nuthinghiano. Questo articolo è fatto di riflessioni personali, di idee, appunti che mi hanno accompagnato in passato per i miei lavori.
Non sarà un post “una tantum”, volendo dare un minimo di storicità e considerata l’ampiezza, la varietà e la complessità del topic mi sembra doveroso suddividerlo in una serie di micro post/riflessioni a venire.

Il rapporto fra musica e teatro è qualcosa che mi affascina praticamente da sempre e che mi tocca intimamente, avendo in passato sviluppato lavori per me importanti e soprattutto in questo periodo, essendo il mio progetto attuale un lavoro per l’appunto teatrale, necessito di scavare profondamente e di accendere maggiormente la mia curiosità intorno a questa tematica.
La mia riflessione ruota intorno alla complessità e allo stesso tempo alla diversità insita nel gesto, nella parola, nel suono. Teatro vuol dire spazio. Respiro. Non necessariamente di tipo consequenziale. La libertà che ne risulta rende ogni evento qualcosa di unico. Sono pochi gli esempi dell’ultimo cinquantennio dove esiste una coniugazione pressoché coerente fra parola e suono. Succede spesso che una delle componenti sia al servizio dell’altra.

Una delle figure del ‘900 che per me ha rappresentato, e rappresenta tutt’ora l’emblema del compositore moderno in termini di spinta verso un rinnovamento nell’ambito del teatro musicale, è senz’altro Luigi Nono, pioniere per tanti versi, che dalle riflessioni di Darmstadt ha profuso un significativo impegno per trovare soluzioni concrete in funzione di una rivoluzione artistico-espressiva, sfociata nel suo scritto Possibilità e necessità di un nuovo teatro musicale.