lunedì 24 dicembre 2012

Lettera a Babbo Natale

Caro Babbo Natale,

ti chiedo che il futuro Ministro per i Beni e le Attività Culturali italiano ne capisca della cultura dell'Arte: anche nell'ultimo governo, l'unico Ministro non "tecnico" si è scelto di metterlo qui tra noi, che di cose dal poco valore economico ci occupiamo.

Ti chiedo che i futuri Governanti siano propensi a chiedere consiglio e aiuto a chi di Arte si occupa (magari evitando l'esclusivo rivolgersi agli amici di turno che ogni tanto suonano). Ti chiedo di dargli tempo e competenze per cercare, leggere e capire almeno dei curricula; ti chiedo di renderli capaci della azione di coinvolgimento delle giovani generazioni nelle pratiche direttive e di programmazione artistica.

lunedì 10 dicembre 2012

Vivos Voco

Pochi giorni fa è morto Jonathan Harvey, cui in questo blog non abbiamo mai accennato se non superficialmente. L'occasione è triste per colmare questa lacuna. Non mi interessa in questo contesto dare uno sguardo sulla sua vita, sulla sua formazione, sulla sua spiccata spiritualità o sui suoi rapporti con altri mostri sacri (primo tra tutti Stockhausen); nemmeno mi interessa darvi una panoramica sui suoi lavori più importanti – potete trovare tutto questo su questo bell'articolo del Guardian. In breve, questo non sarà un post strettamente commemorativo, né vi spiegherà perché Harvey è stato fondamentale nei decenni passati. Servirà forse invece a cercare di capire perché Harvey sarà fondamentale nei decenni a venire. Mi interessa quindi esporre brevemente le ragioni per cui credo che Harvey, attraverso la sua musica, mi abbia insegnato qualcosa.

lunedì 26 novembre 2012

Nuova Editoria

Senza conservatori e senza rivoluzionari, 
l'Italia è diventata la patria naturale del costume demagogico 
(Piero Gobetti)

Nel post di questa settimana tocchiamo un argomento che nel bene e nel male tocca tutti noi. L'editoria. Cerco di indicare tre esempi che mostrano come l'editoria si sviluppi nel contesto europeo, per trarne delle conclusioni e capire se e come l'editoria possa aiutare, o aiuti, la musica e i compositori a farsi conoscere.
Pubblicare partiture può sembrare oggi come una cosa di un'altra epoca. In effetti le partiture non si comprano più, il pubblico non ne ha accesso, così come i critici musicali non si pongono mai, o quasi, il problema di procurarsi una partitura prima di valutare un brano. A che cosa serve allora pubblicare una partitura? Serve a qualcuno? E' ciò che resta di una nostalgica tradizione? A questa domanda cerco di dare una risposta mostrando tre casi editoriali in Europa.

lunedì 12 novembre 2012

Riconoscimenti

Riprendo il metodo dell'esperimento mentale e vi pongo una banale esemplificazione di una situazione in cui sovente ci ritroviamo durante i concerti di musica contemporanea. Lo faccio ipotizzando di avere un microfono e di aggirarmi di nascosto fra il pubblico che ha ancora i timpani ben caldi. Tra i commenti che registro con un qualche sotterfugio ne scelgo alcuni che riporto di seguito:
"Ah ma questo sembra un Lachenmann a tempo di valzer…" "ah ma questo è un Grisey con le cadenze d'inganno …" "Ah ma questo è un Ferneyough spettrale…"

Lachenmann, Grisey e Ferneyough sono - volenti o meno - alcuni fra i possibili paradigmi coi quali abbiamo a che fare quando ci poniamo all'ascolto della nuova musica. Non sono gli unici, ripeto. Ognuno ha i propri. Vero è che che nella "cassetta degli attrezzi" simbolica che è la nostra cultura (prendo a prestito la metafora del "cultural toolkit" dalla recente tradizione sociologica americana) usiamo gli strumenti - in questo caso i compositori, oppure gli stili, o quello che vogliamo - che ci permettono di comprendere ciò che ascoltiamo. Comprendere è anche riconoscere - credo - e dunque in qualche modo - forse forzoso - riconosciamo Grisey, Lachenmann, Ferneyhough o un Franz Joseph Albano qualunque nella musica che abbiamo ascoltato.

lunedì 29 ottobre 2012

Lucas Fagin - Arquetipo



Con il post di oggi intendo presentare un compositore che viene dall’altra parte del mondo, da quell’America latina, riserva naturale di grandi talenti che sembra sempre di più un’Italia vista al “macroscopio”, da dove i giovani fuggono in cerca di possibilità, di cultura, di formazione. O semplicemente in cerca di sogni. 

Lucas Fagin, classe 1980, è un eclettico compositore argentino, formatosi fra il conservatorio di Buenos Aires e il CNSMDP di Parigi che ho avuto la fortuna di incontrare svariate volte sul mio cammino, una su tutte la finale del concorso internazionale Takemitsu di Tokyo. Esperienza indimenticabile per entrambi. 

Dove ho avuto la possibilità di conoscere non solo la sua musica, che personalmente reputo in generale molto interessante, ma anche il lato umano, aspetto da non sottovalutare quando si disquisisce sulla produzione artistica di un individuo. 

Come nel caso di Casale, presento qui un brano per orchestra. Sarà che in questo periodo sono fortemente affascinato da brani dalla grande forma e di grande impatto timbrico. La mia curiosità e voglia di comporre un nuovo lavoro per orchestra mi ha portato a rispolverare alcuni brani che avevo in archivio, e fra i tanti mi è ricapitato fra le mani questo pezzo, che al tempo (nel 2009) mi impressionò molto, avendolo ascoltato dal vivo, e in un certo senso visto “montare” pezzo dopo pezzo durante le prove con l’orchestra.

domenica 14 ottobre 2012

Divertimento Ensemble & /nu/thing

La prenderò un po' alla lontana, per avvalorare la tesi finale, raccontando di alcuni pensieri recenti. L'ennesima eccezione alla linea dei miei contributi in questo blog, ma in continuità con alcuni aspetti centrali dell'iniziativa /nu/thing: situazione della musica contemporanea in Italia (e per gli italiani interessati-interessanti), proposta di musica scritta dalle giovani generazioni e "stato ibrido autoriale": compositori (non musicologi, non critici) che però parlano.
In Italia c'è un avvenimento che è comunque molto importante per la nuova musica e che si chiama Biennale Musica. Sono rientrato da poche ore da Venezia e preannuncio che non ho alcuna intenzione di fare osservazioni sulle scelte della programmazione artistica (il Festival fu ben presentato da Raffaele). Intendo però parlare di un certo clima che mi ha sfiorato, trovo importante descriverlo per capire il contesto in cui si colloca l'iniziativa che di seguito presenterò.

lunedì 1 ottobre 2012

Gérard Pesson - La lumière n'a pas de bras pour nous porter

Si parlava di do maggiore, in qualche post fa, ed eccomi quindi a proporvi un piccolo brano che dei tasti bianchi fa il suo unico strumento. L'autore non è giovane né sconosciuto, bensì un compositore decisamente già affermato; vi propongo ugualmente il brano, perché mi pare sia una pagina bella, semplice e sincera. Nella registrazione Youtube proposta, il brano è suonato molto bene da Alfonso Alberti – per contro, temo che il livello sonoro sia stato scelto male nell'upload, e risulta essere talmente elevato da finire per distorcere diversi accordi accentati. Per correre ai ripari, abbassate il volume quasi al minimo, altrimenti perderete completamente le tinte intime e insieme misteriose, che invece a mio avviso sono la prima cifra del brano.


"La lumière n'a pas de bras pour nous porter", per pianoforte amplificato, è dedicato alla memoria di Dominique Troncin, musicista, compositore e amico di Gérard Pesson. Diversamente da altri pezzi in cui la dedica alla memoria è a posteriori o quasi di circostanza, in questo caso il pezzo è effettivamente stato scritto di getto dopo la morte di Troncin.

martedì 18 settembre 2012

Bernhard Lang - Differenz/Wiederholung 2

Bernhard Lang è un compositore austriaco nato nel 1957. Relativamente poco conosciuto in Italia ha però realizzato un progetto importante con Alter Ego, Tables are turned, che sta girando l'Europa. I motivi che mi hanno orientato verso questa proposta sono principalmente due. Il primo, musicale, è il loop, e il secondo il carattere di indipendenza, dal punto di vista della produzione e dell'editoria che accompagna Lang nella sua carriera. 

martedì 11 settembre 2012

[di-vul-ga-'tsjo-ne]


Qualche mese fa è apparso sul Guardian questo articolo: http://www.guardian.co.uk/music/2012/apr/26/five-myths-contemporary-classical-music

Ho iniziato a leggerlo con scetticismo, dicendomi che di solito questi sforzi divulgativi si rivelano qualunquisti, grossolani e disinformati. Proseguendo la lettura, mi sono ricreduto e vorrei spiegare perché.

lunedì 3 settembre 2012

Sacra

1 Re 19, 8 – 9; 11 – 13.

[Elia] camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Do, l'Oreb.
Ivi entrò in una caverna per passarvi la notte [...] Gli fu detto: “Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”. Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna.

Salmo 150

Alleluia.

Lodate il Signore nel suo santuario,
lodatelo nel firmamento della sua potenza.
Lodatelo per i suoi prodigi,
lodatelo per la sua immensa grandezza.

Lodatelo con squilli di tromba,
lodatelo con arpa e cetra;
lodatelo con timpani e danze,
lodatelo sulle corde e sui flauti.

Lodatelo con cembali sonori,
lodatelo con cembali squillanti;
ogni vivente dia lode al Signore.

Alleluia.

lunedì 30 luglio 2012

Emanuele Casale - Buongiorno stanza audace


Tempo fa, su queste stesse pagine, si parlava di “scavare”.
Scavare per me vuol dire cercare, modellare, impregnarsi, annullarsi e ricrearsi ogni istante dedicato alla “creazione”. Anelare a quel che non si conosce. Immaginare il nero per (ri)colorarlo lentamente.

Prosciugarsi. Perdersi. Rifiorire.

Questo processo è un loop continuo. È insito nella vita di un compositore, o di un qualsiasi creatore. È una evoluzione naturale che ci porta da uno stato vegetativo all’altro. Ci distrugge e ci ricrea. E l’ordine è dettato dal suono. “L’ordine del fenomeno sonoro è primordiale: vivere quest’ordine è l’essenza stessa della musica”, lo diceva Boulez.
Credo che vivere quell'ordine sia innanzitutto un viaggio. Un continuo errare attraverso luoghi offuscati, incapsulati in una dimensione parallela, come in un treno. Dove tutti gli elementi ci scorrono rapidamente davanti, come in uno schermo, ad un ritmo disumano ed una velocità inafferrabile. 
E' solo grazie alla nostra percezione che riusciamo a cogliere quante più informazioni possibili.

domenica 22 luglio 2012

Valerio Murat - Ailo


Ailo è il nome di un demone-donna finlandese. Di notte diventa lupo e va a caccia di uomini; per mangiarli ovviamente. Ailo è il titolo del lavoro che vi presento questo Lunedì, l'autore di musica e video è Valerio Murat, opera datata 2011. Generalmente non ritengo necessario presentare il compositore, preferisco parlare esclusivamente dei pezzi, talvolta però la cifra biografica aiuta a decifrare meglio, in questo caso ritengo di dover spendere qualche parola sul percorso di questo artista, perché forse aiuta a capire. I primi esordi di Valerio sono quelli di un giovane compositore di successo, in pochi anni vince alcuni dei premi più importanti al mondo. Decide di non inserirsi nella filiera delle grandi istituzioni accademiche, rinuncia al conforto che viene dall'avere (talvolta a tutti i costi) il "nome che gira" nei "posti giusti" della musica contemporanea, che comunque lo cerca e lo osserva: come si osservano le schegge per fare un reset di sistema.

lunedì 16 luglio 2012

Nicolas Mondon - Pianola/Phonographe II

Il brano che vi propongo è "Pianola/Phonographe II" di Nicolas Mondon, per disklavier preparato, di cui potete trovare una registrazione a questo indirizzo:

(Il disklavier è un… pianoforte senza pianista, in cui l'abbassamento dei tasti è gestito tramite computer. Nicolas "prepara" anche lo strumento pesantemente, cioè modifica il timbro di alcune corde grazie a frammenti di gomme, corde o patafix).

Premetto che la registrazione non rende giustizia al pezzo, il cui vero asso nella manica è la teatralità del gesto sonoro. Chi ha avuto la fortuna di ascoltarlo dal vivo lo scorso giugno a Parigi (Centquatre, festival Manifeste, 21/06/2012) avrà potuto apprezzare quest'aspetto. La registrazione è - a mio avviso - una lontanissima parente del pezzo in sé. Però penso valga la pena comunque di parlare dell'impostazione generale del brano, anche per incuriosire chi avrà modo di assistervi in futuro.

mercoledì 11 luglio 2012

Fabrizio Rat Ferrero - Noisy Airs

Fabrizio Rat Ferrero, classe 1983, compositore e pianista. Da qualche tempo disdegna la scrittura in senso stretto perché preferisce fare album suoi e suonare quello che scrive. (http://www.fabriziorat.com)

Noisy Airs é un brano per grande ensemble eseguito in prima al Festival Musica di Strasburgo dall'orchestra dei diplomati del conservatorio di Parigi nel 2009.


Non ci sono complessi che bloccano l'immaginario in questo brano, c'è una diretta e franca immersione nel gusto e nell'esperienza personale che fa digerire tutto quel po' di musica contemporanea che Rat Ferrero ha nelle orecchie e nelle mani. C'è del Lachenmann di fondo, accompagnato da uno Strawinski un po' selvaggio e scanzonato. Non quello della Sagra, ma quello dei montaggi strani neoclassici, o della Sinfonia per strumenti a fiato. C'è anche tanta esprienza di musica fatta e sentita. L'improvvisazione, il lavoro sulla frase e sul tema che viene dal Jazz.
Il flusso musicale è bello quando dura poco, però flusso deve esserci. Il compositore deve illuderci che tutto vada per il meglio, che tutto sia sotto controllo; ma, ancora meglio, che si giri di lato e mostri il trucco per fare divertire e anche pensare sull'essenza fittizia, giocosa e profondamente irreale del comporre.

martedì 3 luglio 2012

Ciò che manca non si può contare

Quando scriviamo musica che cosa teniamo e cosa buttiamo? Secondo quali motivazioni compiamo tali scelte? Sono due domande piuttosto complesse, e che a mio avviso meritano di essere affrontate, anche se molto brevemente.

Sulla prima, sappiamo bene che non tutto quello che ci passa per la testa viene trascritto sulla carta. Non siamo dei dittafoni musicali, e nemmeno dei medium in contatto con la musica delle sfere. Ciò che passa per la testa viene filtrato nel processo compositivo. O, meglio, tale processo è di per sé un filtro.

Scrivere è filtrare allora, e come un setaccio, una griglia e un colino lasciano passare la parte liquida - che si disperde - e trattengono gli elementi solidi – che rimangono – così delle cose restano, mentre altre vengono buttate.

Il filtraggio opera sempre, da prima dell'inizio della prima nota che si scrive - ovunque la si voglia scrivere – alla fine, quando ci ricordiamo del pezzo ascoltato anche dopo decenni, forse fino all'ultimo istante della nostra vita cosciente.

Detto ciò, mi chiedo se filtrare significhi sempre scegliere coscientemente cosa trattenere e cosa lasciare – o lasciarsi scappare fra la dita. Abbiamo sempre un controllo sul passaggio delle sostanze? Possiamo sempre decidere quanto fitto sia il reticolo del setaccio? Se sia uniforme o presenti da qualche parte dei fori più stretti – o più larghi? E poi, quante volte ripassiamo nel filtro i flussi musicali prima che il materiale trattenuto ci piaccia davvero?

lunedì 25 giugno 2012

Paolo Aralla - Caduceata Region

Paolo Aralla, nato nel 1960, appartiene a un'altra generazione rispetto a noi, più giovani di 15, 20, quasi 25 anni: è stato tra l'altro mio insegnante di composizione, il che mi pone semmai in un rapporto filiale con lui - e rischia di impedirmi di essere imparziale. Suoi circa coetanei sono invece Fedele, Francesconi, Gervasoni, Solbiati, compositori che oggi nel bene e nel male rappresentano l'establishment della musica contemporanea italiana e che - senza nulla togliere alle loro individualità - condividono in maniera credo innegabile un terreno stilistico comune, una morbidezza ultima di chi è cresciuto con Berio, ha avuto Murail per fratello maggiore ed è rimasto folgorato sulla via di Damasco da Benjamin, ma sto ovviamente semplificando.

Il lavoro di cui voglio parlare è Caduceata Region, ciclo di tre pezzi per pianoforte scritti tra il 2009 e il 2011. Come al solito non mi interessa descriverlo dettagliatamente, ma piuttosto provare a spiegare perché sento che merita attenzione.


lunedì 11 giugno 2012

La Biennale Musica / 56. Festival Internazionale di Musica Contemporanea + EXTREME –



Il post di questo lunedì sarà dedicato ad un evento di attualità: è stato infatti ufficialmente presentato il programma del 56esimo Festival Internazionale di Musica Contemporanea della Biennale di Venezia, che si svolgerà dal 6 al 13 ottobre 2012. Il festival, diretto da quest’anno e per i prossimi quattro da Ivan Fedele, riporta un titolo alquanto suggestivo: +eXtreMe– , ovvero minimalismi e massimalismi, componenti  che animano il nostro contemporaneo vivere. Fedele ha così voluto dare una spiegazione alla sua scelta per il titolo e la programmazione: “Ciò che colpisce particolarmente nel panorama musicale dei nostri giorni  sono gli orientamenti estremi:  minimalismi e massimalismi che vogliono abitare le regioni di frontiera del linguaggio musicale, approcci apparentemente antitetici che in comune hanno la radicalità dell’intento estetico-poetico, abbandonando di fatto l’atteggiamento politically correct del pezzo che funziona o suona bene”.

domenica 3 giugno 2012

Stefano Bulfon - Quand tu étais comme avec moi dans les choses éphémères


Per il post di questo Lunedì presento un lavoro del compositore Stefano Bulfon dal lungo titolo: Quand tu étais comme avec moi dans les choses éphémères (Edizioni Nuova Stradivarius). Classe 1975, italiano, Stefano ha scritto questa pagina impegnativa per 18 musicisti e viola solista tra il 2008 e il 2009. Il brano risulta essere una commissione dell’ Ensemble Intercontemporain, che ne ha curato la prima esecuzione avvenuta a Parigi presso il Centre Pompidou il 23 Ottobre 2010, sotto la direzione di Susanna Mälkki, viola solista:Odile Auboin. Prima di passare al commento, una premessa e altre due informazioni. La premessa è che ho la fortuna di conoscere il brano non soltanto dalla registrazione, ma anche dalla partitura, dettaglio saliente nel caso in cui la musica chiama ad una riflessione più approfondita, caso che a mio avviso non si verifica sempre ma in questo lavoro sì.


Le informazioni: subito prima della legenda compaiono due citazioni che qui riporto. La prima è di Edmond Jabès,  da Le livre des Questions: "Il n’y a pas de marches dans la mer ni, dans la douleur, de degrés.", la seconda è di Lina Bolzoni da Dante, o della memoria appassionata: "Non si trattava di una memoria puramente passiva, ma di una memoria legata all'immaginazione e quindi alla capacità di ricreare, di inventare. Si insegnava a plasmare la mente, a costruirvi complesse architetture, scale, alberi, giardini, tappe di un percorso che potevano condurre a una trasformazione interiore, fino a un incontro col divino.". L'ultima informazione è relativa ai titoli delle due sezioni che compaiono in partitura: al minuto [0':41''] (in coincidenza dell'entrata nascosta della Viola) appare l'indicazione "I. (...case di vuoto e di vento)", la sezione prosegue fino al minuto [7':15''] dove in partitura compare "II. (maisons de lierre)".

Non intendo descrivere il pezzo, preferisco dirvi perché lo ritengo un lavoro importante. 

lunedì 28 maggio 2012

NewThings

La domanda è: esiste un insieme di tratti che, in qualche modo, accomuna i lavori dei compositori miei più o meno coetanei, e li distingue dai lavori di compositori più vecchi di noi di, che ne so, 15 o 20 o 30 anni? La risposta potrebbe essere un no secco, e sarebbe difficile confutarla. Ma mi sembra anche che, se proprio avessi voglia di fare questo gioco, qualche filo comune lo troverei. Non tecniche compositive nel senso tradizionale - niente serialismo, niente spettralismo (e, guarda caso, questo è già un primo ritrovamento): che cosa allora? Provo a buttar giù una specie di piccolo catalogo, sapendo che raccoglierò molte più obiezioni che consensi: ma anche questo fa parte del gioco, e d'altra parte il mio scopo è sollevare una discussione piuttosto che provare a scolpire nella pietra qualche verità. E quindi cominciamo.

lunedì 21 maggio 2012

Yannis Kyriakides - Mnemosist S

Il brano che vi propongo per questo lunedì è Mnemosist S, di Yannis Kyriakides, nella versione dell'ASKO ensemble. Si tratta di un lavoro che lega in un collante ritmico sintesi elettronica, ensemble, video e testo.


Il primo punto importante è la questione del ritmo. Questo brano è emblematico di una concezione che ritorna a pensare al ritmo sulla base di una vera griglia, intesa come struttura a partir dalla quale ogni variazione è una presa di libertà. Questo mi pare anche una cifra comune a moltissimi compositori degli ultimi anni, nonché un fatto positivo: una certa datata concezione del ritmo come successione di intervalli temporali non tiene conto del fatto che la percezione ritmica  è secondo me (come la percezione delle altezze) basata fortemente su criteri frequenziali. Da cui, appunto, l'importanza di evitare i "grigi" ritmici (in linea di principio, in linea generale, al netto di casi specifici). Le prese di libertà dalla griglia, o gli sfasamenti a livello di una sottogriglia, acquisiscono nel pezzo una potenza notevole (come gli "accenti" delle percussioni), pur restando estremamente semplici. I momenti di switch tra le sezioni, funzionano perfettamente. Esattezza, precisione.

domenica 13 maggio 2012

ARTIFICIALE NATURALE


La cosa profondamente vera del rapporto tra naturale e artificiale, che in musica tocchiamo con mano ogni giorno, consiste nella difficoltà del distinguerne i poli. Mi capita di rispondere alla domanda sul perché la scala sia suddivisa in dodici parti uguali. E per tagliare corto dico che è arbitrario, non ci sono ragioni di fondo teoriche. Ci sono piuttosto delle ragioni pratiche che ci hanno portato a fare delle scelte, che in generazioni si accumulano. Questo mi fa sempre molto pensare e mi fa desiderare di potere rimettere tutto a zero e di fare finta di lavorare come se nulla ci fosse. Facendo così mi rendo conto delle regole che ci sono, dei limiti ed anche del perché, e anche che certe cose le farei come mi hanno sempre insegnato.
L'aspetto fondamentale del problema è che la musica, nei suoi limiti e nelle sue richieste al compositore, nella bellezza e nella bruttezza, appartiene al mondo della fiction e dell'immaginazione, del non reale che si finge tale, e per questo a volte può colorare il reale di una patina di rappresentazione supplementare, che forse è lì dall'inizio dei tempi.

lunedì 2 aprile 2012

Textures

Per offrire al lettore una breve riflessione su cosa sia la texture e del suo impiego in alcuni esempi di letteratura musicale odierna comincerò con un esempio piuttosto semplice. Invito dunque chi legge a compiere una sorta di esperimento mentale.

Si immagini un filo di lana rosa e lo si intersechi con un filo di cotone bianco di egual lunghezza. Si immagini di prendere altre decine di fili rosa e bianchi e di intersecarli fra loro mediante un macchinario adatto allo scopo, come quelli che abbiamo oggigiorno. Avendo intersecato fili fra loro si è formato un tessuto composto di una trama e un ordito (rosa e bianco, rispettivemente). Osservandolo e toccandolo si apprezzeranno le sue qualità fisiche e sensorie, come la ruvidità, la resistenza allo strappo, la varietà cromatica. Continuando col fanta-esperimento si potrebbe anche decidere di frapporre una lente di ingrandimento allo sguardo, nel qual caso si riusciranno a distinguere i fili uno ad uno, e vedere come sono fatti.

lunedì 26 marzo 2012

[vi-zi-bi-li-'ta]

Visibilità è un termine con il quale ci capita talvolta di lottare. Voliamo basso: niente Calvino, nessuna teoretica della comunicazione... Per chi cerca di fare arte l'argomento risulta in genere indigesto, dai puristi spalancanti bocche al solo percepire il suono [vi-zi-bi-li-'tà], ai furbi ... che sanno sempre come funziona!, fino a chi ci combatte un po' quando ne ha voglia, magari postando distrattamente e tristemente un "concerto con il mio ultimo pezzo". C'è chi, cercandola, trasloca. In alcuni casi essere visibili è vitale “vado in tv quando arrivano nuove minacce perché la visibilità, la notorietà sono una forma di tutela" (Roberto Saviano), in altri casi è un po' meno "vita o morte" quanto piuttosto "cambio vita". Insomma... ci si combatte un po' tutti... quando poi!ecco!ti capita distrattamente di guardare la TV o di leggere una qualche rivista a grande tiratura e... "...noooooooo ma dai!incredibile..." così inciampi su un tuo concittadino che al Tg "suona" al contrario (?????!!!!!)... o magari rientri dal tuo ennesimo anno da emigrante e scopri di aver frainteso tutto: hai vissuto in un "estero" sbagliato, o forse la tua padronanza delle lingue non è proprio delle migliori e scopri di aver frainteso... tutto...

mercoledì 21 marzo 2012

Steen-Andersen - On And Off And To And Fro



Continuiamo la serie dei “semafori verdi” parlando questa volta di un autore della nuova generazione fra i più interessanti sul panorama internazionale, ma poco conosciuto, anzi molto probabilmente del tutto sconosciuto in ambito italiano, aldilà di qualche piccola recente apparizione.
Si tratta di Simon Steen-Andersen (classe 1976), compositore danese,  piuttosto attivo in territorio anglo-germanico.
Il brano qui presentato è “On And Off And To And Fro” del 2008, nell’esecuzione dell’ensemble norvegese “Asamisimasa” e inserita nel disco monografico “Pretty Sound - Solo and chamber works” pubblicato dalla Dacapo Records nel gennaio 2011.
I lavori di Steen-Andersen appaiono ad un primo ascolto brillanti, comunicativi ma al contempo densi di sonorità ricercate, molto spesso grazie anche all’ausilio dell’elettronica o a dispositivi particolari quali megafoni o pedaliere per chitarra, ponendo in evidenza anche una certa curiosità verso l’aspetto visuale, prevalentemente di carattere ludico e ironico. Il gesto sonoro è inteso molto spesso come atto performativo, determinato perlopiù da un’intimistica propensione teatrale.

lunedì 12 marzo 2012

Ancora la meta-cosa?

Quando ero più piccolo, avevo nella libreria un piccolo catalogo di una mostra con un dipinto di Ferroni in copertina e un grande "LA METACOSA" come titolo. Non credo di averlo mai aperto. Mi sono avvicinato a Ferroni per altre vie, ma il catalogo è rimasto chiuso nell'armadio, a meno di un metro da dove ho dormito ogni sera per vent'anni - con ogni probabilità è ancora là.

Una nota biografica di questo tipo potrebbe lecitamente essere chiosata con un grandissimo chissenefrega, però quel libro chiuso ha significato per me almeno due cose: innanzitutto è stato il primo passo per tenere la magia del contenuto confinata in un nome esoterico ed evocativo; e poi è stato una specie di scatola-nera rispetto a cui potevo provare a commisurare il mondo (essendo il suo contenuto ignoto per certi versi il miglior contrappeso per una realtà da decifrare). Da qui potrebbe partire una lunga apologia dei libri chiusi, e invece no.

venerdì 9 marzo 2012

La musica contemporanea è morta? Alla Rivolta!


Va bene, parliamo di musica contemporanea. Lo sfogo di Renato Rivolta, importante direttore d'orchestra italiano con una visione dall'interno del mondo della produzione d'oggi, oltre a dare l'impulso alla nascita di /nu/thing, rimette al centro della discussione la questione terminologica. Musica contemporanea, (Mus. Cont., come preferisce Rivolta) è il termine utilizzato per etichettare la musica colta, con tutti i problemi che ne sono conseguiti. Rivolta parla di fine della musica contemporanea e in particolare di fine della Neue Musik. Tanto meglio. La Neue Musik è stata quello che è stata l'Ars Nova, ed è finita. Questo però non ci esime da scrivere musica e di farlo in modo colto, riflettuto e intelligente. Anche critico verso tutto il mondo sonoro, come ogni intellettuale. Il fallimento della Neue Musik non è per forza un fallimento intellettuale tout court. È il fallimento della filosofia critica, dell'adornismo, della svolta linguistica. Insomma, smettiamola di parlare di linguaggio e parliamo di musica. Ovunque in Europa siamo ancora vittime (sempre meno), dell'ideologia del linguaggio. Le prime vittime sono i compositori, in seguito il pubblico (vessato) e via di seguito tutto il resto. Parliamo senza vergognarci di musica colta, facendo discorsi comprensibili senza rinunciare alla difficoltà. Non rinunciamo al contrappunto sapiente. Che cosa distingueva un mottetto di Palestrina da uno stornello? Il dettaglio, la cura, la sapienza, l'esperienza, la mano, il talento e la sensibilità: il mottetto è musica scritta, pensata. Quando useremo ancora queste categorie, tra tante altre, per pensare e giudicare un brano? Il compositore è un musicista colto, è formato e capace di formarsi e di inglobare il mondo sonoro nel suo linguaggio, se vuole. Fausto Romitelli è sempre stato visto come un postmoderno, e lui scalciava. Non era postmoderno! Il passaggio dal latino alle lingue romanze non è passato da una commistione con il volgare, fatta da grandi scrittori? Il passaggio a un linguaggio più moderno e nuovo, forse solo più adatto, non può che passare anche attraverso molti stimoli, tra cui la stragrande maggioranza di musica prodotta oggi, che è elettronica. Romitelli non è postmoderno ma moderno. Quindi lasciamoci da parte i discorsi come quelli un po' nostalgici che Rivolta ci rivolge. Voltiamo pagina e parliamo di musica, possibilmente nuova.

lunedì 5 marzo 2012

Francesco Filidei - Ballata

Rompo il ghiaccio con il primo "semaforo verde" per uno dei pezzi più interessanti che ho ascoltato ultimamente. Il pezzo si chiama "Ballata" e l'autore è Francesco Filidei. Eccone una registrazione da YouTube:


La registrazione dovrebbe essere tratta dalla prima, al festival Agora 2011 (Chiesa di Saint Eustache, Parigi, ensemble Muzikfabrik, lo stesso Filidei all'organo, Enno Poppe direttore). Recentemente, pochi pezzi mi hanno colpito dal vivo come "Ballata". Al di là della scrittura organistica (pure per un navigato organista come Filidei non so quanto sia facile gestire così bene l'impasto sonoro con ensemble ed elettronica, trattando l'organo in modo convincente, senza accademismo e senza ostentato virtuosismo), e al di là dell'efficacia dell'utilizzo degli spazi acustici (non è mica facile fare un'elettronica a Saint Eustache, e la registrazione rende solo giustizia al lavoro per metà), il punto vero è per me un altro, ed è sostanzialmente estetico.
Più precisamente, tra i vari contenuti interessanti (uso dell'oggetto sonoro personale e mai come objet trouvé, dissoluzione del continuum tra sfondo e figura, monumentalità nella piccola forma…), il brano tocca alcune corde che ultimamente mi sono care nella scrittura (e che peraltro spesso non riesco ad abbracciare come vorrei); ne cito solo un paio: l'essenzialità dei gesti e il rapporto tra iterazione-ciclo.

giovedì 1 marzo 2012

/nu/thing

Ciò che forse ci interessa di più, nonché il motivo principale per cui ci riuniamo in questo blog, è che, in diverse maniere, vediamo la musica sotto la stessa prospettiva: quella della condivisione di partiture, di incontri o scontri, di serate a parlare dei nostri lavori o dei lavori di altri. Ci accomuna la consapevolezza che la musica di oggi (contemporanea per forza di cose) è più viva che mai.

Ci sembrava mancasse uno spazio pubblico di discussione. In fondo, ci siamo detti, ciò che diciamo in privato può anche esporsi a un confronto più ampio, che non resti necessariamente nei confini della comunità musicale, ma che si rivolga più in generale alla comunità artistica contemporanea (artisti, curatori, amatori, appassionati). Aprendo la discussione, potremo arricchirla con nuove idee, per interpretare ciò che sta succedendo in questo momento nella musica italiana e internazionale.

Come compositori abbiamo la necessità assoluta di comunicare, e uno spazio di discussione ha in sé anche il potenziale di declinare i nostri bisogni e di farne proliferare altri, mettendo in diffrazione il nostro punto di vista "interno" con quello dei lettori che, all'altro capo del filo, vorranno unirsi a noi. Si discuterà non solo di ciò che è la musica oggi, ma anche di ciò che potrebbe o dovrebbe essere: la sillaba "nu", intorno a cui ci riuniamo, rappresenta al contempo suono e nota potenziale. Designa al tempo stesso la lettera greca simbolo della frequenza e una sorta di "ottava nota", quella che Guido d'Arezzo avrebbe scelto proseguendo sull'Inno a San Giovanni.

Partiremo da stimoli concreti: concerti, idee, titoli o link a brani che ci sono particolarmente piaciuti, nomi di compositori che troviamo per qualche motivo interessanti. L'idea di fondo è animare e animarci in discussioni sulla musica d'oggi, tutta quella che ci capita a portata di orecchi, con un piccolo codice etico: non ci nasconderemo dietro un dito. Sappiamo di essere in "conflitto di interessi" parlando del mondo musicale e facendone parte allo stesso tempo. Ma questo non vuole essere in alcun modo un blog oggettivo. Dichiariamo il nostro conflitto di interessi e andiamo avanti, consapevoli della delicatezza della nostra posizione ma anche della necessità di tornare a discutere apertamente di contenuti. Questa è la strada che scegliamo per cercare di dare alla musica di oggi un ruolo sociale diverso dal divertissement. In questo crediamo di dare il nostro contributo di artisti a una comunità musicale, e delle arti tutte, che deve cominciare di nuovo a discutere di cose: /nu/thing

Andrea Agostini
Daniele Ghisi
Raffaele Grimaldi
Eric Maestri
Andrea Manzoli
Marco Momi
Andrea Sarto
Franco Venturini