lunedì 5 maggio 2014

Pezzi lunghi

(Beware: Pranks & Science Fiction!)


Oggi voglio parlare di pezzi lunghissimi, cioè tanto tanto tanto lunghi, possibilmente che più lunghi non si può.  Lunghissimo non vuol dire fichissimo, come cortissimo non vuol dire scarsissimo, e siamo d'accordo.  Però ho sempre pensato che comporre musica di smisurata lunghezza fosse una sfida entusiasmante, improba e anche un po' misteriosa. Subito balzano alla mente diverse domande: quanto tempo ci vuole per scrivere un pezzo di sei ore e un quarto? E un pezzo di tredici ore? E uno di settantotto settimane? No, dai, osiamo di più: sedicimila lustri.

O più ancora, spingendo l'immaginazione verso le vastità incommensurabili delle ere geologiche, degli eoni lovecraftiani, dei respiri cosmici compresi fra un big bang e un big crunch, proviamo a dipanare i suoni nei secoli dei secoli, nei millenni e nei decamillenni, superando di gran lunga i cicli delle precessioni equinoziali e dell'evaporazione dei buchi neri… Purtroppo ci smarriamo in tale grandezza, perdiamo i punti di riferimento, ci sentiamo perduti e soli con la nostra incomprensione. Allora torniamo un poco indietro, riduciamo il lasso temporale a una scala più sopportabile _ anche se è un po' triste _ , e facciamo altre domande: chi lo suona questo pezzo così lungo? Una persona estremamente resistente, un Messner o un fachiro dello strumento musicale. Perché come può mai fare un violinista a suonare senza mangiare, bere, dormire, espletare per quarantacinque ore consecutive? Il festival ha previsto flebo, anfetamine e pannoloni per il solista? Peraltro: chi ha il coraggio di programmare pezzi più lunghi di quelli di Feldman? 


Infine: l'ascoltatore può prendersi un tale impegno accettando di ascoltare tutto il brano senza staccare mai un attimo, concedendosi pause pipì, siesta o spuntino?

Sono domande un po' pedanti e pretenziose _ lo so _ però tutt'affatto lecite e scaturite da un certo senso pratico. Di più, una di quelle mi interessa maggiormente delle altre. 

Come si fa a scrivere un pezzo più lungo di un secolo? Quali strategie compositive si mettono in atto? Quanta carta ci vuole? Quante matite si consumano? Quante tazze di caffè o di mate dobbiamo sorbire?

Dipende.

Cage l'ha fatto, e ha trovato una soluzione brillante ad alcuni dei problemi sopra esposti. Il pezzo, probabilmente lo sapete già, si intitola "As slow as Possible". Potete leggervi da soli tutte le informazioni. Potete anche cliccare qui e sollazzarvi ulteriormente. 

In pratica, John non ha detto nulla sulla durata del pezzo, e i tedeschi hanno colto la palla al balzo. Nel sito si può leggere tutta la storia del progetto _ attenzione, è per gotolocutori _ e ascoltare un frammento del pezzo, la cui fine è prevista per il 2640. Mettetevi comodi: la prossima nota sarà "suonata" il 5 settembre 2020. La precedente è stata introdotta nel 2012 _ a saperlo prima _ Ci troveremo tutti là con un boccale in mano e dopo cinque minuti usciremo a sgambare sul sagrato contenti di aver partecipato all'evento.

Ad ogni buon conto c'è un lato della vicenda che emerge per la sua triste e dura realtà _ e per i suoi risvolti popolari e socialmente condivisi.

Nessun uomo potrà mai sentirlo tutto _ da vivo. È inutile. I progressi della medicina non ci fanno campare più di tanto. È un pezzo composto per Matusalemme _ 969 anni, solo che lui non c'è più. Ad ogni modo, se siete veramente motivati e volete fare la prova avendo a disposizione un buon capitale da investire in attività ludico-culturali, installatevi da questo momento in poi nella cattedrale di Halberstadt. Piantate una tenda, mettete un bagno chimico previa autorizzazione, fatevi portare cibo fino all'ultimo dei vostri giorni dal catering di vostra fiducia e prendete le vostre disposizioni per il funerale. Infatti, una volta passati a miglior vita, anche se non potrete più sentir nulla fino al giorno del giudizio, fatevi interrare sotto l'organo, almeno qualcuno potrà dire che sarete comunque presenti fino alla fine dell'esecuzione.

L'altra soluzione _ attenzione: è barare! _ consiste nel lasciare il vostro posto ai discendenti diretti, così che il sangue del vostro sangue possa godere dell'esperienza d'ascolto nei secoli a venire. Ma, ripeto, è un po' antisportivo.

(Peraltro, mi chiedo se qualcuno stia registrando l'opera magna, e magari abbia avuto l'intenzione di inciderla in una raccolta di più di quattro milioni e settecentomila compact disc. O, altrimenti, di farne una versione ridotta a quattro minuti con un buon algoritmo di time stretching _ comprimendo, beninteso, non espandendo…)

Ad ogni buon conto, immagino Cage che _ vecchia volpe _ terminata la partitura e in occasione della prima esecuzione pianistica, rispondesse così alle domande del pubblico:

Ascoltatore:  "mi scusi maestro, ma quanto dura alla fine il suo pezzo?"
John Cage: "cough cough".

John era molto malizioso.

Compiendo una breve digressione, so per certo che su youtube si trovano molti prodotti dell'umana arte le cui durate raggiungono circa le dieci ore. Legolas ha composto uno di tali monodrammi.




Scherzi a parte, più il pezzo è lungo, più diventa chiaro come l'autore debba trovare una strategia intelligente per predisporne la creazione _ che avvenga cioè in tempi congrui, possibilmente inversamente proporzionali rispetto alla durata finale del lavoro.

Possiamo così anche noi prendere una carta pentagrammata e scrivere un la3 semibreve con semiminima a M.M. = 0.00006. Quanto dura? Ve lo lascio calcolare. Ci sarebbe solo il piccolo problema della scelta dello strumento, ma il progetto di ASLSP suggerisce qualcosa al proposito. Per il luogo? Qui è più complesso. Qualcuno deve credere al progetto, investire risorse e competenze per poterlo realizzare. Seriamente parlando, credo che il progetto ASLSP sia più unico che raro, e dunque prezioso anche per la storia culturale del genere umano.

Tutto ciò però non mi basta. Perché mi piacciono i pezzi oltremodo lunghi?

Forse perché essi possono aprire finestre formali molto intriganti. L'estrema lunghezza permette l'incontro con mondi inesplorati, la creazione di altri universi musicali. La perdita del senso del luogo interviene con forza, perché l'orizzonte è uguale in ogni direzione. Se non moriamo di fame o di sete, possiamo anche divertirci.

Per finire, giusto due pezzi lunghi. Bastano.

50'20" Neither _ Morton Feldman




1:07'05" Transamorem transmortem _ Eliane Radigue



1 commento:

  1. :)
    Anche i raga indiani fanno della lunghezza e della ripetitività ossessiva un elemento di catarsi che inibisce la possibilità di ascolto analitico e "presente" come avviene nei pezzi corti. Perdi i confini e ritrovi qualcos'altro. Come dice il saggio bramino indiano: "Uè, raga, tutto a posto?"

    RispondiElimina