lunedì 4 novembre 2013

Musica e Gesto #3

In questa terza riflessione voglio gettare un veloce e superficiale sguardo sul rapporto fra gesto e tempo, senza dimenticare il suono.

La parola “gesto” - come ho brevemente scritto in precedenza – rimanda e assume in sé una vasta pluralità di valenze semantiche. Tutte legittime e rischiosamente fuorvianti. Il gesto per il compositore rappresenta una fuoriuscita; quando è figura – combinazione di altezze e ritmi – si staglia sullo sfondo; quando è teatro – smontare lo strumento alla fine di Partiels – sfonda la situazione corrente e ne crea un'altra (sempre fittizia), e lo scarto fra le due ci colpisce e seduce; quando è movimento – captato da un sensore – trasforma elettronicamente un suono, o ne crea una molteplicità attraverso la sintesi modale. Il gesto non è solo azione muscolare, come non è solo figura o teatro. Cionondimeno, esso è un elemento che ha la proprietà dell'emergenza (dal verbo “emergere”).

La parola “tempo” rimanda invece all'enciclopedia – nel senso di Eco – dove sono raccolti fra gli altri Agostino, Einstein, Bergson, l'orologio atomico, il ciclo delle stagioni, la fuga in avanti e l'entropia. In musica – e per il compositore – il tempo rappresenta la scansione metrica, l'ordine di apparizione dei suoni, la velocità e la durata di un brano. Per esempio vogliamo che la prima parte del duo che stiamo scrivendo duri quattro minuti e trentacinque secondi, oppure ci ricordiamo che al concerto dell'altra sera dopo un quarto d'ora di esecuzione del pezzo ci siamo accorti che guardando l'orologio ne sono passati trenta, e infine sappiamo che per comporre un secondo e mezzo per orchestra dobbiamo lavorare nove giorni e più.


Così il tempo si presta a tanti usi diversi, perché è semanticamente – e operativamente – elastico. Quando componiamo lo consideriamo come una misura esatta del flusso, come uno strumento per parcellizzarlo. Così il tempo diventa il tecnigrafo col quale disegniamo il discorso musicale e per mezzo del quale esplichiamo il processo compositivo. Oppure prendiamo il tempo come un dato emergente dalla musica stessa: la velocità o la lentezza intrinseca degli “oggetti musicali” determina la scansione temporale e dunque il tempo musicale, secondo una visione “bottom-up” del discorso musicale. O, infine, preferiamo adottare una qualche combinazione delle due strategie – o nessuna di quelle.

Ad ogni modo per comprendere o creare il flusso musicale ordiniamo degli elementi acustici, e tramite il gioco della memoria, della profezia – e del giudizio – influiamo in qualche modo sulla sfera psichica. Cosicché la misura, la memoria, profezia e giudizio si trasducono nella formazione di collegamenti sinaptici quando facciamo sentire quel che componiamo, o sentiamo quel che altri hanno scritto. Il tempo del suono crea qualcosa che diventa parte del nostro corpo. Sentiamo due belle note, e hop! gli assoni sono ben collegati, perché la materia biologica si forma grazie alle vibrazioni trasmesse da un corpo eccitato.

Scegliamo allora di stringere il campo – per le ragioni che poi vi spiegherò. Per il gesto, consideriamone gli elementi cinetici, escludendo le qualità pre-letterali, pre-teatrali, pre-musicali. Per il tempo, consideriamo gli aspetti non discreti, vale a dire diversi dalla pulsazione e dalla sua misura: durata ed effetti psicofisici. Ora cerchiamo di vedere cosa potrebbe legarli, se esiste cioè un elemento che li colleghi in qualche modo.

Non ho ovviamente una risposta, ma mi permetto di azzardare un'ipotesi. Il collante non è un terzo oggetto, ma piuttosto un luogo dove le cose accadono, dove il tempo si sente e dove il gesto si crea.

Questo luogo è il corpo. Credo che il corpo faccia il gesto e faccia il tempo, secondo le caratteristiche di ognuno. Il corpo dello strumentista attua tutte quelle procedure – mentali e fisiche – che gli permettono di suonare o di cantare. Il corpo dell'ascoltatore coglie i movimenti del primo e ascolta i suoni che gli arrivano. Il corpo del compositore catalizza, fonde, salda fra loro il suono, la cinesi e il tempo.

Come, non saprei veramente spiegarlo, e forse quanto detto è già troppo. Però mi piace immaginare che attraverso il corpo riusciamo a guardare con coscienza alle cose che facciamo quando componiamo, e riusciamo a guardare sotto un altro tipo di luce gli elementi di cui parliamo spesso: forma, processo, parametri, materiale, oggetto, sistemi, flusso. Forse per un istante dimentichiamo – o prendiamo distanza – dalle etichette che ci costruiamo e con le quali classifichiamo, e che in fin dei conti ci rassicurano. O, magari, anche quest'idea di corpo diventa un'altra etichetta da aggiungere all'insieme vasto che già conosciamo.

A volte vorremmo non usare il linguaggio per non perdere il contatto con l'ignoto. A volte è bene non sapere quello che si fa, non saperlo descrivere.

2 commenti:

  1. ciao andrea:
    un flusso di pensieri non strutturati della lettura del tuo testo.

    musica e gesto: il centro è il corpo. e il suo contemporaneo proiettarsi nello e creare percettivamente lo spazio-tempo.

    ma il gesto che cosa fa vedere del corpo. o quale aspetto del corpo viene espresso dal considerare il corpo un autore di gesti? (musicali, coreografici ecc.)

    cosa del corpo e quale prospettiva del corpo?

    il corpo è un organismo: qualcosa che raccoglie trasforma e trasmette energia all'interno dell'ambiente in cui agisce.

    quindi il gesto che cosa e quale dimensione di questo scambio energetico manifesta?

    alcuni (gramsci) ritengono l'arte la cultura organica ad un contesto

    altri (artaud) riconoscono nel teatro l'occasione di corpo senz'organi

    per me esistono i linguaggi (del corpo) e la danza o la musica stilizzano e per certi versi potenziano, per altri confondo, i linguaggi del corpo

    esiste l'emozione come sintesi fisica (in parte innata, in parte appresa, in parte culturalmente determinata) dell'aspetto semantico (il gesto come significante di un linguaggio) e energetico del gesto




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  2. Ciao! Mi sono recentemente accaduti due eventi apparentemente lontani tra loro ma che hanno dato vita ad una riflessione che mi andava di condividere : 1.Ieri sera in macchina mi è capitato di riascoltare i system of a down 2.ho assistito con molto interesse alle riflessioni sul gesto a Budrio. Gli echi di domenica scorsa si sono amalgamati bene con il rock armenoamericano così ho cercato di capire perchè ed ho realizzato che il rock'n'roll nudo e crudo (quello più scevro di riferimenti o influenze "colte") è una musica la cui composizione scaturisce spesso dal gesto. La mia veloce riflessione è stata incentrata principalmente sul chitarrista/bassista in quanto figura piuttosto emblematica del genere. Ho ragionato sul fatto che:
    A) L'improvvisazione, espediente compositivo molto caro ai rockers, è codificata più che con una notazione, spesso ignorata, (o tablatura che si voglia) con gesti, posizioni, moduli gestuali trasponibili che notoriamente riproducono un certo effetto musicale.
    B) Il gesto che il chitarrista compie con le mani è spesso amplificato, in sede di concerto, dal corpo (gesti molto ampi in corrispondenza di accordi lunghi, note gravi rapide e ribattute accompagnate da movimento del capo più o meno evidente).
    C) Gesti di rocker famosi concorrono alla creazione di una

    libreria di composizione/improvvisazione gestuale (Handrix che suona coi denti, gli slide di armonici di VanHalen, l'uso della leva di Darrel).
    D) La gestualità ed il gesto come atto creativo è riconosciuto dal pubblico. (chiunque canticchiando un solo di chitarra associa immediatamente movimenti delle mani slide/bending/uso della leva ecc) Gli "air guitar contest" (competizioni di finti chitarristi) ne sono secondo me una dimostrazione unica nel suo genere.

    C'è all'interno di "school of rock", film dell'eclettico jack black, un momento divertente in cui questo è abbastanza chiaro
    https://www.youtube.com/watch?v=x_-4d8YBojo

    in questo momento della trama lui insegna agli allievi a suonare il rock'n'roll attraverso il gesto. Il gesto del batterista, del bassista (che classicamente alterna indice e medio alla mano destra ecc)
    vi è anche un altro punto interessante che però non riesco a rimediare in cui insegna al chitarrista a suonare alcuni accordi lunghi con un ampio gesto del braccio dicendogli quando la mano è nel punto più alto "Yeah, now raise your goblet of rock. It's a toast to those who rock." in quel caso il momento musicale è legato fortemente al gesto, praticamente inscindibile.

    Sono riflessioni provenienti da un genere altro a quello che magari indaghiamo solitamente ma che possono dare respiro al confronto e che secondo me hanno ispirato almeno in parte anche Murail nella scrittura di "Vampyr!" per chitarra elettrica dove sono riconoscibili veri e propri gesti estratti da un certo contesto e poi rielaborati.

    P.S. colgo l'occasione per farvi veramente i complimenti sia per il blog che per quanto organizzato a gennaio e dicembre dell'anno appena trascorso a Budrio! Sono occasioni di dialogo e confronto più uniche che rare per chi come me è ancora relegato in italia per necessità accademiche!

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