domenica 31 marzo 2013

Musica e teatro #2

Io sento e scrivo questi testi come se fosse musica. Si tratta di una sorta di variazioni su temi che decompongo progressivamente e che diventeranno (ir)riconoscibili quando il testo sarà pronto. 
G. Aperghis 

“A seguito di questa evoluzione provocata dal demiurgo gli uomini persero i loro corpi sonori, luminosi e trasparenti, e cessarono di librarsi nell'aria. Divennero pesanti e opachi e, allorché cominciarono a mangiare i prodotti della terra, la loro natura acustica si attutì a tal punto che rimase loro soltanto la voce.” 
(Marius Schneider, La musica primitiva, Adelphi 1992, p.37) 




Come promesso la volta scorsa, con il presente riprendo, senza voler per questo essere esaustivo, il discorso riguardante il rapporto fra “musica e teatro”, fornendo qui una nuova retrospettiva. 

Nel post precedente vi parlai di Kagel e le sue sperimentazioni. Intendo continuare nello stesso filone  musical-drammaturgico parlando di quello, che secondo me, rappresenta il suo erede naturale: Georges Aperghis

Sono molti i lavori che ho avuto occasione di vedere/ascoltare dal vivo o in registrazione, e mi hanno sempre colpito ed entusiasmato per lo speciale trattamento che egli riserva all’apparato testuale ancor prima che musicale. Le parole, le sillabe, non sono semplici fonemi, ma qualcosa di più. E molto spesso sembra quasi che la componente teatrale risulta essere aliena, o quasi mai presente allo stadio iniziale nelle intenzioni del compositore. 

In tal senso mi viene in mente Conversations, del 1985, per due attrici e percussioni. In questo brano la parola e il gesto umanamente “vitale” di conversare, lo scambiarsi delle parole, diviene non solo il soggetto ma anche l’oggetto del teatro, e della musica stessa. 

Le parole vengono spezzate, fatte in brandelli, risucchiate in un vortice di fonemi (elemento costante del lavoro di Aperghis) e usate ad uno stato di purezza talmente elevato da farla trasparire in una raffinatissima controluce, come se fossero dei suoni; considerata però la loro natura strettamente significante rispetto al suono puro, danno vita ad un percorso e un dialogo che veicola, nasconde e altera i sensi, seppur subordinato all’impianto delle leggi musicali. Sono veicolati dal significato e la percezione che emergono nel testo, identificabile come una sorta di grammelot (in francese, lingua adottiva di Aperghis). 
Sono nascosti nel momento in cui i vari fonemi non compongono termini dal senso compiuto. Sono alterati nella circostanza in cui una relazione di suoni e fonemi genera una sorta di percezione cognitiva con una risultante costruita e personale narrazione. 

Credo che tutto questo avvenga grazie ad uno sviluppo costantemente “ludico” di metamorfosi e trasfigurazione dei sensi, delle parole, dei gesti, che consente di nascondere e camuffare il linguaggio per conferirgli dei significati diversi. Sembra quasi come se gli elementi verbali venissero prosciugati e resi penetrabili in favore di una dialettica fonico-musicale che li invade nel profondo riplasmandoli, secondo quella che Durney definisce una "perversione del senso attraverso il suono". 

Le multiple esplorazioni hanno portato poi Aperghis a fondare, nel 1976, un proprio spazio dedicato alla sperimentazione del teatro musicale, ovvero l’ATEM - l'Atelier Théâtre et Musique

Il mondo di Aperghis è dunque costituito basicamente da elementi fonico-sonori, un universo formato da intrecci e sequele musicali che offrono all’ascoltatore degli input in direzione di una sorta di ricerca soggettiva del senso in continuo mutamento e che si dipanano attraverso una complessa intelaiatura di sillabe, fonemi, parole spezzate, gesti vocali improvvisi, molto spesso amplificati grazie anche all’uso dell’elettronica. 

La volta scorsa accennai alle rappresentazioni illusive del teatro di Kagel, per certi versi Aperghis prosegue sullo stesso terreno, seppur con vedute estetiche comprensibilmente differenti. Eppure entrambi fanno del surrealismo e l’assurdo la chiave principale dei loro lavori, ma se da un lato abbiamo la sfrontata ironia di Kagel come perno, dall'altro Aperghis fa della schizofrenia inventiva il suo diktat creativo. 

La densità musicale ne risulta evidentemente fantasiosa, grazie a tutte le frammentazioni non solo vocali ma anche strumentali, che generano dei vortici di caos estremamente corposo e sempre di grande effetto e lucidità. 

Una delle innovazioni del compositore greco/francese sta anche nell’utilizzo, all’interno della drammaturgia generale, della componente video, esplorando sin dalla multidisciplinare “Tourbillons” del 1989 per voce sola e video le possibilità del multimediale, passando poi per "Machinations" del 2001 una sorta di video-sonorizzazione disgiunta e effetti di granularizzazione molto particolari. 

Sullo stesso terreno ha poi insistito fino a giungere a "Avis de tempete"  del 2004 (brano dedicato alla memoria di Fausto Romitelli all'epoca da poco scomparso), nel quale il compositore ha come obiettivo quello di raffigurare in modo alquanto crudo e a tratti spietato lo smarrimento del mondo contemporaneo, il percorso della vita attraverso un’ermetica visione delle cose, surrogate da interventi che richiamano in minima parte elementi di espressionismo e dadaismo.  Per certi versi, sul piano delle intenzioni espressive sull'indagine del mondo circostante, vi vedo delle analogie con  il mastodontico "The Wall" dei Pink Floyd.

Altro lavoro che esprime in maniera piuttosto marcata la tendenza teatrale aperghisiana per il gusto dell’assurdo è “Zeugen” del 2006/07, un vero esempio di video-arte messo in musica, dove protagonisti sono dei burattini in miniatura proiettati sui vari schermi. Un esempio di interazione video, dramma e musica eseguita dal vivo è “Happy End” del 2007. 

Anche nella musica squisitamente strumentale di Aperghis vi è sempre un richiamo forte e stilisticamente affine a quello teatrale, dalla quale traspare il suo particolarissimo vezzo per le ambientazioni caotiche e confusionarie, seppur sempre ben studiate a tavolino. Mi viene in mente ad esempio "Contretemps" (2006) per ensemble, dove viene messo in scena un ipotetico dramma ispirato da "Vor dem blitz" di Paul Klee, nel quale si manifesta un vero e proprio conflitto fra gli elementi strutturali: le frammentazioni fonetiche della voce da una parte e le opposizioni strumentali dall’altra. 

Lo stesso urto di elementi si manifesta attraverso il disequilibrio di un altri brani come "Seesaw" (2008), per ensemble, nel quale il caos degli impasti strumentali si contrappone a momenti di pausa o ancora in “Teeter-Tooter” (2008), dove i contrasti sono sapientemente delineati attraverso la metafora di un andamento strumentale “altalenante”. 

Intendo concludere con un paragrafo estrapolato da un saggio di Giorgio Battistelli del 2009 che trovo particolarmente interessante e pertinente col soggetto trattato: 

“Nel campo del teatro musicale la varietà di poetiche e di esperienze […] tende addirittura a esplodere, a ramificarsi in una rete di proposte che si confrontano ciascuna con un diverso modo di intendere la drammaturgia, la scena, l'elemento visivo in genere. Se l'anti-opera dei movimenti avanguardistici poteva rivendicare una parentela con il lavoro del Living Theatre o dell'Odin Teatret di Eugenio Barba (n. 1936), ora non c'è episodio del teatro musicale che non possa essere posto in relazione con un'esperienza registica, scenografica o video-artistica diversa. Particolarmente difficile risulta quindi, in questo caso, orientarsi nella produzione contemporanea. Focalizzando tuttavia lo sguardo sulla musica, ovvero su quegli esperimenti che hanno posto al centro delle preoccupazioni creative l'invenzione di una nuova forma di musica scenica, e non soltanto l'associazione con un'esperienza rappresentativa, visiva e drammaturgica, è possibile riconoscere alcuni esempi rivelatori dai quali una ricerca musicale attualmente non può prescindere”. 

To be continued

1 commento:

  1. Caro Raffaele. Finalmente leggo il tuo bellissimo post! Molti brani di cui parli non li conosco. Di Aperghis conosco meglio la produzione strumentale che non mi aveva mai convito. Ma ascoltando AVIS DE TEMPÊTE sono affascinato anche dal suono e dalle diverse cose che succedono. Grazie per questa introduzione al teatro musicale. Aspetto il prossimo!

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