lunedì 17 marzo 2014

Regole. Tra suono e politica.

E la voce di donna che stavo ascoltando in radio disse: 
           -... fu una grande soddisfazione, riuscii a fare avere le risorse necessarie al teatro e così poterono allestire tre opere. Poi, con riconoscenza che mi commosse, mi chiesero come potersi sdebitare e allora confessai il mio amore per il Don Giovanni di Mozart, che ha quel bel duetto: "Là ci darem la mano". Mi dissero che avevano già programmato il Don Giovanni un anno prima, ma questo non sarebbe stato un problema, e non lo fu. -

Il virgolettato non è giornalistico, probabilmente alcune parole sono inesatte, ma il senso rimase scolpito nella mia mente a lungo. Era probabilmente il 2003 quando ascoltai a Radio3 la voce della gentile Signora - Funzionario Pubblico (di cui non ricordo il nome), intervistata per raccontare le parentesi musicali della sua vita. Ricordo l'ossimoro: i sorrisi compiaciuti dei ricordi della gentile, quelli del conduttore e il mio profondo e ingenuo sconforto. 

La funzione sociale dei Direttori Artistici è importante quanto quella di chi costruisce i ponti delle autostrade o le scuole. Partiamo da una considerazione banale: se vuoi diventare Direttore Artistico devi essere nominato da un politico o da entità che godono d’influenza politica. Procedure selettive pubbliche (concorsi) semplicemente non esistono, o se esistono sono ben nascosti e soprattutto non si conoscono i criteri di giudizio. Alla fine vieni scelto. Punto. 

C'è solo un modo per ingannare il tempo aspettando la telefonata: fare tutto da soli. Nuove orchestre, stagioni, ensemble di cui puoi essere capo indiscusso. Se hai degli sponsor che ti coprono le spese puoi già fare qualcosa in termini di programmazione e magari puoi già iniziare a farti amico qualche politico di turno e qualche critico (cene, aperitivi, offerte di ospitalità...). Se riesci a durare qualche anno potrai permetterti di chiedere, alle Istituzioni locali, al Ministero... il fatto è che se poi il tuo nome "gira"... vedrai che le chance di ricevere la telefonata aumentano; ma questa descrizione è ormai ai limiti della realtà, pochi sono i giovani che ci provano e pochi sono quelli che resistono; anche qui, dobbiamo ricordarci che l'Italia non è un paese per giovani. 

In giorni in cui si cercano incentivi per "startup e giovane imprenditoria" l'ambiente musicale italiano dà un esempio che sembra un monito: il nuovo Presidente del CIDIM ha settantasette anni, si chiama Lucio Fumo e nel 1963 ha promosso il primo concerto Jazz a Pescara, con Gato Barbieri. 

Del resto la direzione artistica della stessa organizzazione ha recentemente goduto delle prestazioni di Piero Rattalino (classe 1931). Ora i Direttori Artistici sono tre: Juvarra, Niro e Pollice ma non lasciatevi ingannare, CIDIM incluso, ricoprono tutti insieme venti incarichi nella governance musicale italiana. Perché parlo di CIDIM? Non lo so, non ho nemmeno capito bene cosa faccia il CIDIM (colpa mia, ma di certo anche loro non mi aiutano un granché se si presentano così: "... L'attività del CIDIM ha, di conseguenza, un valore sociale e culturale che rimane spesso sconosciuto al grande pubblico proprio perché si svolge dietro le quinte"). 

Il fatto è che il CIDIM ha goduto nel 2013 di un finanziamento da parte del F.U.S di € 450.000. Piero Rattalino, evidentemente, avalla il finanziamento in qualità di Esperto Lirica della Commissione Consultiva Musica (quella che in Italia regola l'erogazione dei fondi pubblici) insieme agli altri Esperti: Umberto Scarpetta, Antonino Marcellino, Antonio Frigè, Vincenzo De Paola e Marco Tutino. 

Ho parlato del CIDIM per puro caso, ho scoperto che di simili organizzazioni ne esistono molte, una ad esempio si chiama AIAM e il Presidente si chiama pure Lucio Fumo, un'altra ACEP, poi OSAP, poi il CEMAT... molte di esse hanno siti aggiornati al 2006 o proprio non si capisce cosa facciano, ad ogni modo chi fosse interessato a un approfondimento può trovarle raggruppate nel sito del CIDIM che offre in trasparenza una notevole quantità informazioni. 

Per la musica contemporanea c'è la SIMC (Società Italiana Musica Contemporanea), la cosa interessante di quest’organizzazione è che risulta essere il membro italiano della ISCM - International Society for Contemporary Music (anche se, cercando l'affiliato italiano dal sito della ISCM c'è qualcosa che non torna... si fa riferimento alla SIMC ma il collegamento al sito web porta ad un'altra associazione dal nome Novurgia). Ora, molti di noi sanno che l'ISCM organizza ogni anno un evento mondiale a tema variabile, un Festival itinerante di prestigio (che spesso s’appoggia a Festival pre-esistenti) chiamato World Music Days. Ogni anno, per determinare gran parte del cartellone, l'ISCM emette un call for scores al quale hanno accesso prioritariamente le Istituzioni affiliate nazionali come la SIMC italiana. Si può inviare un’application pure a titolo personale, ma ti tocca pagare e inoltre non hai la garanzia della preselezione nazionale. Già, la preselezione, per prima cosa devi associarti e pagare almeno € 50, poi cosa accade non l'ho capito. L'organismo di categoria che ci rappresenta nel mondo è presieduto da Davide Anzaghi (classe 1936). 

A curiosare un po' si capisce che l'universo è composto di organizzazioni che hanno pressoché le stesse finalità statutarie: promozione, tutela... e per quelle che, almeno sul web, paiono essere in vita, spesso si osserva una certa sovrapposizione di servizi, come nel caso del CEMAT e del CIDIM: entrambi hanno una banca dati e curano una newsletter sulle attività di musicisti e addetti musicali italiani. 

Ora, che potere hanno queste associazioni? Non lo so, fanno sicuramente del bene e se non lo fanno sono assolutamente in buona fede; ma in pratica, in che ambito della produzione agiscono? Con chi parlano? Il fatto che il mondo dello spettacolo non goda di buona salute trova una certificazione ministeriale il giorno 23 ottobre 1996 e poi il 14 maggio 2007, date nelle quali è istituito (poi convertito) l'organo che oggi si chiama "Consulta per i problemi dello Spettacolo". In questa situazione, il ministero si rivolge "... a sindacati e associazioni di categoria": così recita la descrizione della consulta reperibile sul sito del Ministero. I tecnici per il biennio 2012-2014 sono Francesco Girondini (ANFOLS - Associazione Fondazioni Lirico - sinfoniche), Angela Cauzzi (ATIT - Associazione tra i teatri di tradizione), Paolo Maluberti (ICO "altre Associazioni tra i soggetti disciplinati dal titolo III della Legge 14 agosto 1967 n.800"), Maurizio Giustini (organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori del settore), Roberto Giuliani (organizzazioni professionali critici musicali), Vincenzo Spera (ASSOMUSICA). 

Queste organizzazioni, queste figure parlano con la politica, perché è la politica a cercarle in virtù di una rappresentanza. Si scambiano o condividono produzioni, si alternano in cariche, insomma gestiscono un po' di quello che c'è dietro l'arte musicale in Italia. Molti di loro hanno incarichi multipli. Questa pare essere una condizione necessaria per la carriera da dirigente musicale, più ne hai più risulti importante agli occhi di chi decide; se poi si moltiplicano i contenitori si aumenta la possibilità di riempire un'altra casella. Oltre alle associazioni che rappresentano il mondo artistico (perché nel loro statuto c'è scritto che sono tenuti a farlo) ci sono anche i Direttori Artistici Vip. 

Recente è la pubblicazione dei compensi dei dirigenti delle 14 Fondazioni Liriche italiane. Grazie all'insistenza dell'ex Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Massimo Bray, è in parte emerso ciò che si sapeva da tempo: questi professionisti guadagnano bene, forse troppo rispetto a ciò che producono. Uno su molti si chiama De Martino (ex Sovrintendente dell'Opera di Roma), il quale contribuisce al cartellone e forse, almeno in parte, al buco di circa dieci milioni di euro maturato nell’anno 2013 (dato riferito dal neo Sovrintendente Carlo Fuortes), prestazioni per cui è pagato 180000 €. Bruno Cagli (Accademia di Santa Cecilia) guadagna 300000€ annui, ma il dato interessante che mi colpisce è che nella stessa persona si sommano i ruoli di Sovrintendente e di Direttore Artistico (circostanza imposta da obblighi statutari) a dimostrazione, forse, che i due ruoli si possono semplicemente ridurre a uno (del resto, come recentemente ha ricordato Aldo Cazzullo in una trasmissione di Bruno Vespa, il paradigma del doppio incarico ha conosciuto appoggi politici storici: all’ex DC e all'ex PSI faceva comodo sdoppiare alcune funzioni perché almeno potevano piazzare un uomo a testa). Nel board dell'Accademia incappiamo in un'altra figura che colpisce la nostra attenzione: Michele Dall'Ongaro ne è Vice Presidente (per questo incarico incassa 30000€ annui) ed è pure nel Consiglio Direttivo della Accademia Filarmonica Romana. A questi incarichi aggiunge quello di Sovrintendente dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e di responsabile della programmazione musicale di Rai-Radio3; per Rai5 inoltre si presenta in veste di conduttore (ruolo che a mio avviso gli riesce benissimo); poi, o primariamente, è un compositore. 

Tra Accademia Filarmonica Romana e OSN si muove anche Cesare Mazzonis (Direttore Artistico di entrambe) ma tornando ai compositori non si possono non citare Giorgio Battistelli ora impegnato tra ORT e Opera di Roma (nomina dell'ex Ministro Bray), Nicola Sani (Teatro Comunale di Bologna, Fondazione Isabella Scelsi, IUC) e altri che si affacciano al mondo della programmazione come Ivan Fedele (Consigliere dell'Accademia di Santa Cecilia, Direttore Artistico dell'Orchestra Tito Schipa di Lecce e della Biennale di Venezia - sezione Musica). 

Di lunga data ci sono anche Marco Tutino (ora presidente dell'ANFOLS), Paolo Arcà (ora al Regio di Parma con 100000€ annui) e l'elenco potrebbe ovviamente continuare. 

Questo non vuole essere uno screening, non m’interessa farlo, ma alla luce di qualche buona ora di ricerche pare che la matassa sia difficilmente decifrabile. La mappa degli incarichi di dirigenza si arricchisce poi di molti piccoli rivoli se si considera che gli artisti-dirigenti hanno poi l’abitudine di collaborare tra loro (come Alessio Vlad dell'Opera di Roma che è consulente del Festival dei Due Mondi di Spoleto, il quale a sua volta è diretto da Giorgio Ferrara che gestisce i 930000€ che lo Stato gli affida nel 2013). 

Molte delle persone che ho citato hanno accumulato anni di esperienza nelle direzioni artistiche, un bagaglio professionalmente importante e di valore. Senza fare per il momento riflessioni sugli effetti collaterali relativi alla prolungata esposizione al potere politico (con relativo e indotto accumulo di potere personale), mi chiedo quale sia lo strumento legislativo che (oltre alla rete relazionale dei singoli) premi questa prassi di consolidamento del quadro dirigenziale italiano. 

Di risposte ce ne sono molte, ma una in particolare m’interessa ed è una delle poche grazie alla quale è possibile leggere il rapporto diretto tra percorsi personali e soldi erogati dallo stato: si tratta dei criteri con i quali il F.U.S. valuta le richieste di finanziamento. Colpisce un fatto: in tutte le tabelle (che tarano i punteggi secondo la natura del progetto da valutare) i parametri che assegnano il maggior numero di punteggi (da trentanove a cinquanta) sono "direzione artistica, continuità del nucleo Artistico e adeguatezza numero di prove programmate" e “stabilità pluriennale e regolarità gestionale”. 

Non credo sia il mezzo ultimo attraverso il quale si favorisca la circuitazione di un gruppo abbastanza ristretto di nomi ma, se è pur vero che per stagioni la cui produzione è largamente affidata a orchestre o ensemble creati ad hoc e che quindi necessitano del “premio continuità”, forse nel caso dei grandi Festival che “acquistano prodotti”, il principio continuità del nucleo artistico risulta un parametro un poco ambiguo, come del resto la valutazione stessa della voce “direzione artistica”. 

In pratica la politica sceglie di premiare la continuità, non il ricambio, principio che forse necessita di essere declinato meglio, in virtù delle diversissime realtà e soprattutto entità che partecipano ai bandi ministeriali: per l’Emilia Romagna (erogazioni 2013) tra gli altri concorrono il Festival Traiettorie (che incassa 10000€) e il Ravenna Festival (che di euro ne prende 750000). 

Per la nuova musica poi ci sono addirittura tre voci (committenza nuove opere - repertorio contemporaneo, innovazione del linguaggio, delle tecniche di composizione ed esecuzione - promozione musica contemporanea, in particolare italiana ed europea, anche con nuovi linguaggi) che sommate raggiungono una quota che oscilla dai tre agli 11 punti. Ora, al di là del fatto che il sottoscritto non conosce la traduzione legale della locuzione "repertorio contemporaneo" (mea culpa), sembra che i criteri si prestino a un’ambigua sovrapposizione di senso. Se però compariamo lo spazio dato ai nuovi linguaggi con un altro parametro: “promozione, conservazione e valorizzazione del repertorio CLASSICO, anche tramite il recupero del patrimonio musicale”, che raccoglie punteggi che oscillano tra l’uno e il nove (più spesso prossimi all’unità), scopriamo che in Italia i cartelloni dovrebbero essere composti per circa il cinquanta percento da repertorio recente (evito di commentare, vi risparmio il pleonasmo). 

Questa struttura relazionale è forse nata anche per colmare un fatto conclamato: gli assessorati delle Istituzioni locali, molto spesso, non ne capiscono nulla di arte. Sono costretti a gestire nello stesso paniere le sagre di paese e una stagione di concerti sinfonici. Il “F.U.S” con i suoi cinque esperti eroga stanziamenti a decine di Istituzioni nel territorio nazionale per qualche decina di milioni di euro complessivi. Alcune di esse hanno cartelloni di prestigio e sono sottoposte alla critica del pubblico e della stampa che le frequenta mentre altre sono di dimensioni tali da non poter "bucare" l'attenzione nazionale e forse nemmeno regionale. Una delle domande che da subito attanaglia chi osserva l'elenco degli stanziamenti è: chi svolge il ruolo del "revisore dei conti", del "geometra di cantiere"? In pratica, chi si occupa della valutazione della realizzazione dei progetti finanziati? 

Temo si tratti di uno sforzo troppo grande per i nostri cinque esperti, per non parlare dell'Assessore medio italiano. Lo affermo senza ironia, ammesso che il loro mandato esprima dei vincoli di controllo (non lo so), come potrebbe ottemperarvi? 

Al netto di qualche sparuta iniziativa senza futuro e dall’impatto sociale pressoché nullo posso affermare di vivere in una città culturalmente prossima alla morte (lo è da molti anni). L’assenza di orchestre, di lirica, di musica contemporanea buca più del singolo e costoso evento che annualmente le Istituzioni acquistano per placare gli animi. Come risposta a tutto questo le amministrazioni hanno deciso di spendere soldi per candidare Perugia a capitale europea della cultura. Stessa fu la scelta per un’altra importante città (ora uscita dalla competizione) che ha investito risorse nella promozione dell’iniziativa, è un peccato e forse solo una coincidenza che in concomitanza, l’Istituto Musicale Pareggiato della città (uno tra i più antichi e importanti d’Italia) affrontasse il rischio di chiusura (alla fine pare che il Ministero della Pubblica Istruzione provvederà...). 

Sembra automatico che a tratti qualcuno si senta trascurato o che accusi l'ingiusto trattamento (come Martino Traversa della Fondazione Prometeo), ma a guardar bene e con un poco di distacco la situazione della politica musicale italiana degli ultimi decenni, ci si rende conto che, forse, sarebbe più efficace riformare (rivoluzionare?) il sistema più che denunciare (giustamente!) il singolo caso. Anche perché non si capisce a chi rivolgere un’eventuale protesta. 

Le orchestre che chiudono/sopravvivono sono una costante italiana, i buchi di bilancio di milioni d’euro che compaiono al mattino di un giorno qualunque nelle sedi delle Fondazioni sono ormai consuetudine. Alcune orchestre in perenne rischio di chiusura hanno quasi più dipendenti amministrativi che professori d'orchestra. 

I giovani che provano a fare da soli spesso rimangono schiacciati dai colleghi poco più vecchi perché visti come potenziali concorrenti. Manca qualsiasi riferimento a tutela della parità di genere, in Italia sono pochissime le donne con incarichi dirigenziali nel mondo musicale, i giovani sotto i quarantacinque anni sono quasi del tutto assenti, gli interpreti anche. Quest’ultimi, forse più di tutti, si trovano a dover legare la propria attività a poche figure che decidono se farli suonare: ogni Direttore Artistico ha il diritto di condividere o meno il percorso artistico o i progetti di un interprete, così come ogni interprete ha il dovere di scegliere il repertorio con una certa libertà. Il problema non nasce dal vedersi rifiutare o meno una proposta da una Istituzione, ma dal fatto che se l’Istituzione è diretta da una persona che poi ne gestisce altre cinque ogni progetto rischia di rappresentare la potenziale fine di una carriera. Tale sproporzione nell’elemento di rischio è forse insana. 

Lo scopo di questo piccolo post non si esaurisce in un esercizio del lamento, non è un'accusa alle persone e organizzazioni citate (con alcune di esse ho lavorato benissimo e con alcune persone sono legato da amicizia e stima). In realtà sono arrabbiato con me stesso perché alcune di queste cose le scopro ora, sintomo di un’ignoranza alla quale dovrò porre rimedio, ignoranza che temo essere in parte condivisa con i miei colleghi di pari età. 

Spero in definitiva di avervi comunicato un certo senso di pesantezza-nausea, stato che mi si è palesato dopo il secondo giorno di ricerche. Ho scritto queste poche righe per sforzarmi di ricordare che esiste un dovere di cittadinanza che dovrebbe renderci coscienti di come stanno le cose e se è dal 1996 che si certifica la malattia, forse è ora che qualcun altro cominci a occuparsene, forse servono altri dottori. 

Questo post è l’introduzione al tema che /nu/thing ha deciso di affrontare. 

Temi politici come la semplificazione dell'organigramma delle Istituzioni, il divieto dell'incarico multiplo, la valorizzazione delle risorse giovanili, la progettazione in ambito europeo, il mecenatismo trasparente, la meritocrazia sono ormai all'ordine del giorno. Non vorrei che il nostro occuparci d'arte (nella contemporaneità) ci ponesse per assurdo in uno stato di disinteresse nei confronti di tali esigenze di rinnovamento. 

/nu/thing darà il suo contributo, accogliamo aiuti e suggerimenti. Questo post vuol dichiarare la nostra attivazione per una riforma della gestione della politica musicale in Italia. 


Alcuni dati qui forniti, sono pubblicati in ottemperanza a quanto previsto dall'art. 9, comma 2 del Decreto Legge n. 91 convertito con Legge del 7 ottobre 2013 n. 113,"Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo"

40 commenti:

  1. Trovo molto coraggioso e puntuale questo intervento. Se da un lato le disposizioni sulla trasparenza della legge Bray stanno scatenando una sorta di voyeurismo economico-culturale, dall'altro rendono evidente il fatto che nel mondo della musica esistono ancora forti e consolidati privilegi; malgrado la crisi della cultura e il dilagare delle lamentele. Andare verso una "musica sostenibile" significa, tra le altre cose, interrogarsi sui temi introdotti dall'articolo di nuthing, così come su molti altri vicini (il ruolo e l'incidenza delle agenzie, i cachet artistici, e così via). Avanti tutta, cambiare si può anche nella musica...

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  2. Marco,
    grazie per questo intervento (e grazie Francesco per il tuo sostegno e le tue giustissime riflessioni). Non avevo idea di tantissimi dettagli che esponi, sono impressionato. Capisco molto meglio molte cose ora...

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  3. Grazie Marco per questa tua riflessione aperta.
    un domanda è lecita, dove finiscono gran parte dei sovvenzionamenti visto che di programmazione di musica contemporanea in Italia se ne fa ben poca?
    Avanti con le risposte.

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  4. Grazie per la bellissima riflessione.

    Fino a poco tempo fa, il CIDIM e il CEMAT ottenevano contributi statali esorbitanti, rispettivamente 900.000 euro e 500.000 euro circa ogni anno. Tali somme sarebbero dovute servire per promuovere principalmente la musica contemporanea. Immaginate cosa si sarebbe potuto organizzare con 1.400.000 euro di finanziamenti annui: concerti con ensemble di qualità, solisti, orchestre e quant'altro, e invece?

    Il CEMAT è un'organizzazione che esiste ormai da tanti anni. Dopo i tagli riceve 210.000 euro annue, per cosa? Molti musicisti se lo chiedono e non riescono a darsi una risposta.

    Il CEMAT nasce da una costola del CIDIM. Nel corso degli anni entrambe le organizzazioni hanno pubblicato delle specie di annuari che nessuno ha mai letto. Quale fosse la loro utilità se lo chiedono in molti. L'ipotesi più accreditata è che tali corposi volumi servissero solo ed esclusivamente per avere visibilità politica, erano cioè dei "biglietti da visita" da mostrare all'occorrenza a certi politici affinché i responsabili di CIDIM e CEMAT potessero essere considerati "rappresentanti" o "coordinatori" delle miriadi si piccole e grandi associazioni musicali e musicisti descritti negli annuari. Ovviamente io non so se tale ipotesi può essere verosimile, ma dando un'occhiata al "libro bianco sulla diffusione della musica contemporanea in Italia" pubblicato dal CEMAT, che forse nessuno di voi ha mai letto, qualche piccolo dubbio mi viene.

    A mio parere il CIDIM e il CEMAT hanno avuto un ruolo involontario: ostacolare il progresso della musica contemporanea in Italia. Lo Stato ha erogato generosi finanziamenti per loro ma non ho mai capito bene per cosa. Il solo fatto che loro prime sedi fossero nel centro storico di Roma (una era vicino piazza Venezia) è sconfortante: solo l'affitto mensile, immagino da capogiro, quante risorse pubbliche ha succhiato?

    A mio modesto parere la cosa più insopportabile è vedere certi responsabili di enti di questo tipo sedersi in convegni per parlare di quanto sia importante "la musica", che i politici devono "sostenere il progresso musicale" e altro. Insomma retorica a palate proveniente da chi, forse, dovrebbe solo stare zitto.

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  5. Caro Grimelli. Quello che dice è vero. Mi ricordo una volta tanto tempo fa un amico compositore diceva che queste strutture dobbiamo prenderle in mano. Per esempio la SIMC, di cui esiste la costola italiana è giudicata malissimo dai colleghi esteri: niente proposte, niente di niente. Insomma, si sono presi il nome per farsi belli. Si trovava in finale del concorse SIMC internazionale e i colleghi gli dicevano che basterebbe proporlo e la SIMC avrebbe fatto di tutto per fare organizzare il festival in Italia ma da altri. Proposta: chiediamo di darci in mano il CEMAT o il CIDIM su un mandato di tre anni, la SIMC italia o che ne so. Quelli che pagano queste strutture dovrebbero chiedere risultati. Con 1000000 di euro all'anno si creano strutture comparabili a quelle francesi. Perché non lo hanno fatto? Chi giudica i loro risultato? Adesso nessuno. Lo facciamo noi su un piccolo blog. Però forse c'è abbastanza visibilità per rompergli le palle.

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  6. Marco, grazie mille per il tuo illuminante e ben documentato intervento. Solo una cosa, en passant : hai citato, commentato - e rimandato - ai criteri di valutazione qualitativi che il F.U.S. ha protocollato e adopera per sovvenzionare le attività musicali (progetti specifici, concorsi, etc..). Come scrivi tu, il punteggio assegnato alla voce "committenza di nuove opere" oscilla fra 1 e 3, francamente troppo sottile e sbilanciato rispetto alle altre voci, tipo appunto la "continuità". Non so se riequilibrando le forze se possa ottenere un giovamento, ma bisognerebbe pensarci su.

    Sul sito della federazione Cemat - costola del Cidim - c'è una pagina interessante, http://www.federazionecemat.it/maps/italiamus/ sulla quale si può vedere dove sono stati erogati i finanziamenti del ministero visualizzati su di una mappa. Si può vedere in che modo nel triennio 2010-2012 la "continuità" sia stata distribuita sul territorio nazionale. Ratio logicamente evanescente, suppongo. O forse no. Bisognerebbe davvero capire come controllano e verificano i risultati ottenuti..

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  7. Giusto Eric. Tutti i fatti che qui elenchiamo ci sembrano più che evidenti.
    Il CEMAT ha spesso puntato sui cosiddetti "giovani" e sulla musica elettronica, chiediamoci perché. Non credo che la risposta sia contenuta nei tanti paroloni che di solito si dicono ai convegni, tipo "aiutare le nuove generazioni, sostenere i giovani talenti" e simili.

    La riposta per me è un'altra: i giovani costano poco o nulla e la musica elettronica non prevede esecutori (quindi costa molto meno). Nel pieno della sua attività ben sovvenzionata (450.000 euro annuali) il CEMAT ha realizzato concerti con costi bassissimi o nulli. Ai musicisti è stato dato sempre pochissimo o nulla. Domanda: se le cose stani così dove sono stati spesi tutti quei soldi? Se lo chiedono in molti.

    Se andate nel sito del CEMAT noterete che hanno fatto molti "patrocini". Questa è stata un'altra genialata di CIDIM e DEMAT. Cosa sono i patrocini?
    Lo leggiamo su wikipedia:

    "Il patrocinio è un riconoscimento simbolico con il quale si accorda il proprio supporto ad un'iniziativa culturale, scientifica, sportiva, ecc. Solitamente non comporta alcun contributo finanziario".

    Ovviamente chi visita il sito del CEMAT questo non lo sa, così vede che questi signori hanno fatto tanti "patrocini" e pensa che i contributi siano in qualche modo giustificati.

    Spero in altri contributi per scoperchiare un po' di pentole.

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  8. caro marco, grazie per il post. se ne sentiva il bisogno e, se possibile, sarebbe assai utile se tu continuassi in queste analisi, pubblicando magari in futuro altri rendiconti frutto delle tue indagini. come membro della SIMC, anch'io mi pongo i quesiti che si pone eric, ma da quanto mi risulta - cosa della quale chiedo conferma a chi ne sapesse più di me - la SIMC non credo riceva più finanziamenti pubblici da tempo. l'art.20 dello statuto recita: "i proventi della SIMC sono costituiti dalle quote sociali annuali dei soci effettivi e sostenitori, dalle quote annuali dei soci sostenitori, dagli eventuali contributi pubblici e da altre sovvenzioni o lasciti di privati." - sottolineo "eventuali". per quanto riguarda le acute osservazioni di massimo grimmelli, mi pare che il CIDIM attualmente non stampi proprio più nulla, a parte rivestire una funzione - comunque utile - di "bollettino" online di prime assolute, esecuzioni, pubblicazioni e altro. anzi, a tal proposito, mi permetto di riferire in sintesi l'e-mail di una delle tre addette alla redazione online del CIDIM, della quale non cito il nome, ma che mi ha scritto recentemente, con molta gentilezza, scusandosi del lungo ritardo nel rispondermi causato dalla riduzione del suo orario di lavoro a sole 10 ore settimanali. come lei, anche le altre due colleghe sono nella stessa situazione. chi e soprattutto, quali ruoli sono stati toccati dai tagli? spero che emergano ulteriori dati in proposito.
    dario agazzi

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  9. Ciao a tutti,

    innanzitutto complimenti, per il blog, e a te, Marco, per questo post.

    Mi sembra qualcosa di più di una fotografia accurata.

    Parlando di festival e rassegne (ossia, iniziative spesso slegate dalle nomine politiche, avendo per protagonisti i solisti, la musica da camera, l'elettronica, ecc. - poichè non riguardano orchestre e gruppi più numerosi che hanno costi di gestione più elevati e contratti sindacalizzati), andando a vedere le tabelle dei criteri di qualità del ministero, faccio notare che nella pagina dedicata a esse, nell'oscillazione dei punti che hai registrato la commissione dia anche molti più punti alla voce "Capacità imprenditoriale di reperire risorse e flusso di pubblico pagante" (ovvero, e con un lontano retrogusto paradossale: autonomia della rassegna rispetto ai finanziamenti pubblici).

    Questo si inserisce in una direzione generale degli ultimi decenni che va verso una partecipazione sempre piu consistente dei privati, e che ha investito anche i grandi enti aiutati dallo stato (molti dei quali come sappiamo recentemente trasformati in fondazioni).

    In generale, credo sia più sensato, piuttosto che centrare questo discorso sui soli fondi statali, chiedersi dove e come trovare fonti di finanziamento alternative (private, ma anche dall'Europa) per una rete di iniziative maggiormente distribuita a livello locale; visto che il fund raising per l'arte in Italia e' un settore ancora vicino alla vendita porta a porta di enciclopedie.

    Per quanto riguarda il divieto dell'incarico multiplo come direttore artistico in Italia, mi pare che proprio nella domanda per i fondi fus vi si faccia riferimento nelle primissime pagine. D'altra parte si sa che i grandi enti sono ritenuti passibili di gestione - e contributi - straordinari. Pero il divieto, per esserci, c'è.

    Infine, una considerazione storica sulla migrazione artistica che ha visto anche voi di nuthing protagonisti: si potrebbe dire infatti che fate parte delle nuove generazioni che negli anni di formazione artistica si sono (giustamente) allontanate dall'italia gravitando verso altre nazioni; e sappiamo che tutti i giovani musicisti italiani, non solo compositori, con l'ambizione di guadagnarsi un mensile dignitoso prima o poi si spostano.

    Chi è rimasto a dare il cambio ai grandi vecchi che hai elencato, e a creare delle persone di riferimento per pensare delle iniziative sul proprio territorio?

    Infatti, oltre a iniziative su scala nazionale, a mio avviso si dovrebbe anche tamponare l'assenza di realtà locali, comparata alla concentrazione grottesca e sovrapposta di innumerevoli iniziative in pochissimi centri.

    Vorrei sperare che una maggiore offerta "minima" influirebbe comunque sul panorama visivo dei direttori inamovibili.

    (Per divertimento collaterale, riguardo l'esposizione uv al potere: a chi buttasse giù Rattalino o simile dal suo scranno, si potrebbe dire: a chi si mette la corona la pelle si macchia per il riflesso dell'oro e si incurva il naso per tanto peso, e in poco tempo pare preciso a quello prima; cosa che è possibile vedere in tanti ritratti, sia antichi che moderni)

    Luisa Valeria Carpignano

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  10. Caro Agazzi, grazie per il suo contributo alla discussione. Quello che dice è giusto, la SIMC vive dei suoi iscritti. In certe nazioni è molto attiva in altre meno. Però da noi si è arrivati ai limiti, nel senso che da quando ho memoria - magari per mia ignoranza - non ricordo alcun evento. Io stesso mandai tanto tempo fa delle partiture per fare parte della selezione italiana senza ricevere neanche una risposta (tutti gli italiani che vi partecipano, o quasi, fanno la candidatura diretta senza passare dalla sezione nazionale).
    Cara Luisa. Quello che dici è tutto giustissimo e chiaro. Per quanto mi riguarda non vivo più in Italia, ma cerco, con grande fatica, di farci tantissime cose e di dare degli impulsi, nel mio limite, sperando che le cose migliorino nel tempo. Si migra, è vero, ma ho appunto deciso, come tanti, di non stare troppo lontano per continuare a lavorare in Italia. Iniziative sul territorio in Italia ci sono: a Treviso, a Milano, a Torino, a Brescia (e tante altre sicuramente), quello che ci manca è la forza di volano e coordinazione che dovrebbero avere le strutture più importanti, tipo CIDIM, per esempio. Dovremmo forse provarci noi e chissà che non rifacciamo gli stessi errori di chi ci ha preceduto, come anche tu lasci intendere.

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  11. Secondo me pensare che rifaremmo gli stessi errori di chi ci ha preceduto è partire con il piede sbagliato. Così come è sbagliato pensare che il potere corrompe necessariamente chi ce l'ha - è un topos letterario fondante, certo, ma non è detto che un direttore artistico o un consulente ministeriale debba per forza diventare Re Lear, perché poi è di poteri piccoli piccoli che parliamo. Preferisco di molto una realtà come quella francese, dove il potere è accentratore, arrogante e capriccioso ma almeno viene esercitato e la macchina va avanti, alla nostra dove nessuno in realtà si gode l'ebbrezza di poter muovere i fili dei burattini e le luci del teatro sono sempre spente…

    Devo dire, mi sarei aspettato reazioni a questo post da parte dei vari soggetti che vi sono tirati in causa - dai piani alti del CIDIM, del CEMAT e compagnia bella. Reazioni di qualsiasi tipo: "guardate che le cose invece stanno così", oppure "parlate parlate ma non avete idea delle complessità dello scenario", oppure "ecco i dati che chiedete, abbiamo fatto questo questo e questo", oppure "maannatevenetuttiaffanculo e imparate a portare rispetto a chi comanda", qualsiasi cosa, di qualsiasi tono. Il fatto che nessuno si sia fatto vivo mi sembra il più preoccupante dei segnali, e può voler dire solo due cose: che non veniamo considerati un interlocutore che merita una risposta perché siamo ggiovani (ancorché ormai quasi tutti ultratrentenni), e questo sarebbe un errore gigantesco e molto tipicamente italiano; oppure che chi di competenza non si è neanche accorto del post e delle reazioni che ha suscitato, e se così fosse vuol dire che lassù non c'è nessuno, che chi per statuto dovrebbe osservare la realtà della musica contemporanea italiana non lo fa. Quale che sia il caso, c'è un vero e grosso problema.

    Per finire, nonostante tutto non è vero che tutti quelli che potrebbero dare un cambio generazionale sono andati via dall'Italia. Il materiale umano ci sarebbe eccome: e sono più che convinto che se si instaurasse un circolo virtuoso per cui questo paese iniziasse a diventare più vivibile altri sceglierebbero di tornare. Dire che non c'è la possibilità di un ricambio rischia di fornire un ulteriore alibi a chi sta abbarbicato sul suo scranno…

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  12. cari eric e andrea, vi ringrazio per gli interventi. andrea ha anticipato quanto desideravo scrivere in risposta a eric. sono sorpreso, caro eric, dal fatto che a lei non abbiano risposto dopo l'inoltro delle sue partiture. suppongo possiamo attribuirlo al fatto che il plico postale sia stato smarrito nel percorso da strasburgo alla destinazione. mi sono infatti permesso di inoltrare, ad alcuni indirizzi e-mail della SIMC, il link a questo blog e, in specifico, a questo post. non ho ricevuto per ora risposta, ma mi auspico che qualcun'altro oltre a me - magari membro della SIMC, o di altri enti citati, quali CIDIM e CEMAT, o anche solo lettore silente di questo blog - faccia sentire la propria voce in proposito.
    l'indirizzo e-mail pubblico della SIMC è il seguente:

    simc@fastwebnet.it

    mi risulta anche che vi sia un account facebook pubblico della SIMC, questo:

    https://it-it.facebook.com/pages/Eventi-SIMC-Societ%C3%A0-Italiana-di-Musica-Contemporanea/250850065074108

    cercando - lo ignoravo - ho trovato anche questo profilo pubblico di un ensemble legato alla SIMC:

    https://it-it.facebook.com/pages/SIMC-Ensemble/222580277897159

    spero proprio di leggere ulteriori commenti su questo blog.
    dario agazzi

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  13. Grazie Dario. Sto parlando di una cosa di 8 anni fa. Facebook non c'era ancora. Boh. Sul link che ci dai il SIMC ensemble suona i brani del suo direttore artistico, con il patrocinio di un'associazione "aperta" e stimolante come SIMC. Mah.

    Lunedì 18 Novembre 2013 alle ore 20,30
    al
    Teatro DAL VERME
    Via S.Giovanni sul Muro
    Milano

    SIMC - Società Italiana di Musica Contemporanea, in collaborazione con Rebus e Novurgìa, presenta:

    "IL PRESENTE DELLA MUSICA D'ARTE NON AVVERSO AL PASSATO"

    - Bruno Maderna (1920-1973):
    "Serenata per un satellite",
    per flauto, clarinetto, pianoforte e violoncello

    - Davide Anzaghi (1936):
    "In nomine filii"
    Melologo per voce recitante, flauto, pianoforte e
    violoncello


    SIMC Ensemble:
    Antonella Bini, flauto
    Guido Boselli, violoncello
    Sonia Grandis, voce recitante
    Gabriele Rota, pianoforte
    Nicola Zuccalà, clarinetto
    Marcello Parolini, concertatore e direttore

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  14. grazie a te eric, sto scoprendo dell'esistenza di questi concerti SIMC solo adesso, tramite questo scambio epistolare telematico sul vostro blog. a dire il vero, io non avendo un account facebook, ho potuto trovare solo quel che c'è di disponibile in rete anche per chi non disponga del noto social network. ma trovo a dir poco curioso che ai "membri" di un'istituzione come SIMC sia tenuta praticamente oscurata tale attività (che qualcun altro, anche al di fuori dei membri stessi, organizza): come è infatti possibile che sul "sito ufficiale" non vi sia nulla? mi permetto una domanda aperta, che cosa è "rebus" citato con novurgìa? qualcuno che sappia ci illumini. chiedo apertamente a chi legga il vostro blog di concederci risposta; credo che nessuno voglia fare la fine dell'agrimensore K. che non vien mai ricevuto al "castello".
    dario agazzi

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  15. Ringrazio tutti per questi primi commenti che spero ne suscitino altri. I temi sarebbero molti, giusto esaminare l'istituto del patrocinio, come giusto il riferimento alle soglie nei compensi degli artisti (molti Vip internazionali vengono ormai in Italia solo se esageratamente pagati, non è quello che accade in Germania). La musica elettronica costa poco solo se fatta ad un certo modo (così come la musica acustica); in realtà, anche qui... è penoso constatare come le "vere" produzioni di musica elettronica o mista siano pressoché assenti in Italia, se qualcosa accade... in genere si compra il pacchetto dalla Francia... (spendere in eventi e non per creare strutture). Andrea Agostini ha totalmente ragione, mi aspettavo qualche telefonata o commento più audace. Accolgo per ora (e con gratitudine!) lo spirito di condivisione con il quale avete accolto questo piccolo post. Daro Agazzi parla di sovvenzionamenti assenti per la SIMC. Bene. Il punto per me è questo: il mondo a cui ci riferiamo con questo post si rende conto che la gran parte delle fondamenta su cui si regge è costituita dal lavoro sporadico e malamente pagato (molto spesso gratuito) dei compositori della nostra generazione? Prima dei sovvenzionamenti dovrebbe esistere l'adempimento delle missioni statutarie. Se non si è in grado di farlo si va a casa. Nuthing è una realtà a costo zero e chi scrive e cura il blog ha scelto di dedicare meno tempo al proprio lavoro (comporre) per dedicarne una fetta al rinnovamento delle coscienze dei creativi musicali italiani. Spirito critico e comunicazione iconoclasta. Scriviamo e siamo in conflitto di interessi dichiarato, non ci siamo mai nominati "cervelli in fuga" perché non ci sentiamo tali, viviamo e lavoriamo in Italia e in Europa perché il mondo d'oggi è così. Altri tra i compositori italiani nostri coetanei hanno scelto di definirsi "esuli" (magari per poi avere qualche bell'articolo su La Repubblica alla luce della denuncia di presunta lesa maestà). Noi non lo facciamo perché ci sembra semplicemente ridicolo. Ho vissuto circa 2 anni e mezzo all'estero, ho 35 anni e ho casa in Italia: non accetto che il mio vivere l'Europa si trasformi in alibi per qualcuno che intende scremare tra esterofili e Italiani Veri nel nome di un presunto orgoglio culturale nazionale da difendere. Troppo comodo. Il blog è in italiano e questo è il secondo segnale del nostro "avere a cuore" l'argomento; il primo segnale è che molti di noi hanno incarichi di docenza in Conservatori italiani, responsabilità che ci investe in pieno.
    Non si tratta di sostituire qualcuno, meglio, non si tratta solo di questo: il punto sono le regole del gioco che mancano o che sono troppo confuse. C'è bisogno di più gente che decida nei limiti dei vincoli artistici e di bilancio, c'è bisogno di norme che vadano contro ai conflitti d'interesse in atto o a quelli in divenire. Tutto ciò è di una ovvietà d i s a r m a n t e, ma forse_come dice Andrea_ non siamo ritenuti abbastanza seri per dare dignità all'argomento.

    Chiudo, confidando che il dubbio più grande che ho avuto prima della pubblicazione riguardava proprio i lavoratori non dirigenti delle Istituzioni citate, il rischio di danneggiare loro e le loro professionalità mi ha posto non pochi problemi. Nuthing esprime la più piena solidarietà a tali lavoratori - lavoratrici, al contempo riteniamo che le sofferenze occupazionali di cui soffrono siano figlie di precise scelte gestionali - dirigenziali, non della crisi economica che gira e che gira e che gira... (intanto grazie a Dario, a Francesco, a Massimo, a Luisa Valeria...)

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  16. è peggio di Kafka perché è troppo banale. La SIMC Italia è una Società strana. I curricula dei soci sono a "loro cura". Peccato che ce ne siano di dipartiti da un pezzo, tipo Dallapiccola:
    http://www.simc-italia.it/curricula.htm

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    1. scorrendo parrebbe che la regola vigente per i soci onorari è che siano tutti defunti. poi però se ne trovano di vivi "onorari". allora qual è la regola? forse la fama, mi pare: non so. è vero il paradosso: "a loro cura": ma in effetti se si legge la biografia di dallapiccola, scusate, pare agiografica.
      le parole di marco sono da sottoscrivere in pieno:
      "tutto ciò è di una ovvietà d i s a r m a n t e, ma forse_come dice andrea_ non siamo ritenuti abbastanza seri per dare dignità all'argomento."
      la domanda, banale, è: a quale porta si deve bussare per essere ricevuti?
      dario a.

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    2. Mah.. Va bene tutto, però c'é un limite. Lasciamo che facciano i loro concerti, ma che almeno levino "italiana" dal nome. Può restare SMC. Le selezioni per il World music Days 2014 come sono passate? resto veramente perplesso.

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    3. quest'ultimo punto è un grande mistero: io sono iscritto alla SIMC solo dalla fine del '13, per cui non so come siano state fatte le selezioni per il '14, e non ho ricevuto notizie circa questa selezione. chiedo al m°anzaghi, presidente della SIMC, che era stato molto cortese inviando lo scorso anno un intervento al presente blog, se gli sia possibile intervenire ora in questo dibattito, onde chiarire tanti dubbi e tante perplessità suscitate dal post di marco, anche in virtù della sua lunga esperienza in seno alle scuole e alle istituzioni.

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  17. E' difficile, parlando di cose "pubbliche" che chiedono il nostro impegno personale, mantenere un equilibrio fra queste due dimensioni.

    Non ho espresso alcune idee ed opinioni che avete inteso (sul ricambio, sugli errori, sull'orgoglio); quelli che ho espresso, in forme non assertive, sono piuttosto dei dubbi, e delle ansie, che nel mio modo di pensare è bene non abbandonare.

    Detto questo, partiamo dal dire che siamo tutti qui per realizzare qualcosa: facciamo tutto ciò che è possibile, e andiamo avanti.

    Io sono partita da una prospettiva pragmatica (fondi, risorse umane, ricambio generazionale) perché naturalmente è la mia prospettiva; ma quello che mi sta a cuore condividere del post, è che, bisogna partire da idee di riforma concrete: come capisco sia l'intenzione di chi scrive sforzandosi di mantenere tutti i dettagli, come ha fatto Marco.

    Quindi, come chiarire le regole?

    _
    Su le due C e sul tema della coordinazione nazionale:
    Ad esempio, Marco a un certo punto ha parlato di scambi (e qui torna il senso dello spaventapasseri con la corona): mi viene in mente che se gli scambi non fossero quello che sono, bensì dei progetti integrati con una doppia casa, e dove si mirasse comunque e giustamente a far circolare le opere il più possibile, questi sarebbero una virtù e non un vizio.
    Cemat e cidim ad esempio potrebbero promuovere il contatto fra associazioni con progetti simili.
    Luisa Valeria Carpignano

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    1. Cara Luisa Valeria, siamo d'accordo, e i tuoi dubbi li abbiamo intesi come tali non temere, abbiamo solo approfittato dei tuoi spunti (un poco mi viene da scusarmi) per puntualizzare delle posizioni palesemente critiche che nascono dal conflitto di interessi di chi scrive in questo blog: non rimarcare il nostro stato equivarrebbe a prenderci poco sul serio in termini di piattaforma. Si tratta di un tema di fondo a noi molto caro, al quale dedichiamo molte ore nella definizione dei meccanismi interni che abbiamo scelto per regolamentarci. Il tuo richiamo alla concretezza è ottimo così come il tuo focalizzare la necessità di definire meccanismi trasparenti di coproduzione. A me viene un dubbio, queste Istituzioni (per quello che tu dici c'è ad esempio l'AIAM) sono dei nostri interlocutori? Ho la sensazione che ciò che ci rivolgano non sia il viso ma le spalle e temo che non siano nemmeno più in grado di voltarsi a causa di artiti-attriti occasionali. La categoria stessa dei compositori (anche i più giovani) spesso resiste al confronto su questi temi di banale civismo culturale per timore o pigrizia o rimorso (tutte nobili sensazioni per altro). Ovvio che si continua (lo si fa con tutto finché lo si può) ma in questi giorni successivi al post, oltre ad una certa irritazione, si insinua una certa consapevolezza: scegliere con chi intraprendere un cammino (di riforma?) è più importante del primo passo. I prossimi saranno comunque condivisi!

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  18. Francamente mi piacerebbe che questo dibattito, aldilà dell’interessante discorso fra noi pochi, venga raccolto e ampliato dai diretti interessati, dalla politica in giù.
    Sappiamo che molti dei nomi citati nell’articolo ci leggono.
    Per il bene di tutti, in primis della salute artistica del paese e delle generazioni a venire, sarebbe ora di smetterla di nascondersi dietro ideologie vaghe o autoreferenziali, e pensare a come le risorse (che a vedere le cifre stilate nel post non sono poi cosi’ poche) possano fungere da sostegno reale all’attività musicale italiana.
    In questo senso cogliamo questo post, e questo blog in generale, come un’occasione per intavolare una discussione su cosa realmente fare, dove intervenire, cosa curare e cosa uccidere.

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  19. Mi inserisco tardi, e ringrazio Marco per aver portato alla luce del sole un tema delicato e importantissimo, e così puntualmente.

    Per me il punto vero è la frase di Eric: "Con 1000000 di euro all'anno si creano strutture comparabili a quelle francesi". Questo è il fatto. Onestamente, non posso dire che sarei triste se quei soldi venissero dirottati su un festival di impatto, ma rimarrei con l'amaro in bocca.

    Che cosa ci salva dalle crisi di oggi e di domani? Che cosa fa sì che le cose, tutto sommato, nonostante i tagli, in Francia e Germania continuino a funzionare, mentre da noi il crollo è verticale?

    Il fatto è che Francia, Germania, Regno unito, hanno investito in passato in istituzioni. Attenzione: non (solo) in festival, concerti, finanziamenti ad ensemble. Hanno costruito robe con muri e fondamenta. Hanno messo dentro persone a farle funzionare.

    Non ci serve un (altro?) grande festival. Ci servono istituzioni. L'unica istituzione musicale italiana che faccia produzione, promozione, che abbia studi di musica elettronica, che abbia un festival, mi pare sia Tempo Reale (correggetemi). Francesco Giomi potrà puntualizzare e smentirmi – io ho l'impressione che non ci sia paragone, nei mezzi, tra Tempo Reale e non dico l'Ircam, ma dico il GRAME, a Lione, o il CNMAT in California. Prendo queste strutture non a caso, ma perché sono emblematiche: relativamente piccole, a misura di Italia, di grande impatto sulla collettività e sulla comunità musicale. Che cosa mancherebbe a Tempo Reale per farlo avere l'impatto che queste strutture hanno? Soldi? Persone? Perché non si prendono i soldi di CIDIM & co e non si usano per fare un "super-Tempo-Reale", o meglio un'altra vera istituzione musicale? (Non è un delitto averne due...)

    Con un luogo fisico, con studi di registrazione e produzione, che faccia pedagogia, che invidi compositori, che faccia conferenze, concerti, che inviti ensemble. Un centro nevralgico della nuova musica.

    Lo dico sapendo che è controcorrente rispetto a molto di ciò che sento: se proprio dobbiamo scegliere dove dirigere i soldi (e a un certo punto dobbiamo scegliere...), non credo che la via di uscita sia puntare sugli ensemble (e ne abbiamo di bravi...); credo che la via di uscita sia costruire istituzioni. Questo crea circoli virtuosi, mi pare, con ricadute immediate su ensemble e musicisti.

    Che cosa serve? 1. Denaro; 2. Volontà politica di continuare a dare quel denaro. La prima componente, a guardare le cifre di questo post e dei successivi commenti, forse non manca. Forse è una panzana che i soldi non ci sono. Manca la volontà politica di fare le cose fatte bene. Se non si ha la certezza di avere i soldi di qui a non dico dieci, ma almeno tre anni, come può avere la tranquillità per fare una programmazione culturale?

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    1. caro daniele, fra le strutture con funzioni didattiche, che sarebbe molto bello se si orientassero a poco a poco anche verso una più diffusa produzione nuova, c'è l'IRMus, istituto di ricerca musicale, che fa capo alla fondazione milano:

      http://www.fondazionemilano.eu/musica/pagine/istituto-ricerca-musicale-irmus

      il livello dei musicisti, con cui ho avuto a che fare, è molto alto, l'impeccabile qualità dell'istituto fuori discussione, ma manca forse un salto successivo verso una diffusione paragonabile a quella francese. con tutti i possibili torti imputabili, pierre boulez "accentrò" il potere - mi ricollego a quanto ha scritto andrea a proposito del "potere accentratore, arrogante e capriccioso francese" - e l'IRCAM ha dato i suoi frutti.
      anche quanto scrive valeria luisa è giusto: "CEMAT e CIDIM ad esempio potrebbero promuovere il contatto fra associazioni con progetti simili". sacrosanto: però non lo fanno.
      alla domanda di daniele: "che cosa serve?", con conseguenti risposte, si pone l'altra domanda: "COME fare per...?"
      dario agazzi

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  20. Daniele, Dario, Valeria Luisa, quello che scrivete è giustissimo (e VL, o Capra Ipazia - complimenti per il nick, tra l'altro ;) - sottoscrivo quel che dice Marco: non abbiamo dubitato del fatto che i tuoi fossero dubbi, ma poi i tuoi dubbi ci hanno fatto dubitare a nostra volta…)

    Certo, è un peccato ed è un problema che le tante piccole e medio-piccole rassegne, ensemble, festival che ci sono in giro (perché ci sono, e sono belli e gestiti da persone intelligenti e preparate e appassionate) non si conoscano e non comunichino e non facciano rete. Però, forse ingenuamente, da strutture che percepiscono centinaia di migliaia di euro l'anno mi aspetterei di più che "promuovere il contatto fra associazioni con progetti simili". Questa cosa, io credo, forse, nell'era di internet possiamo pure farla da soli, no? Immaginate tanto per cominciare una specie di informale censimento delle realtà che operano in Italia. Cosa ci vorrebbe? Niente, giusto una pagina web e un po' di tamtam (non nel senso di "grande idiofoni metallici non intonati", anche se pure quelli non guasterebbero); e poi un meeting, magari ospitato da un qualche festival grande o piccolo, in cui si mettono i problemi sul tavolo e si sognano soluzioni e tutti bevono mango lassi e vanno in giro con piume di fenicottero intrecciate ai capelli e magliette con analizzatori di spettro a led e si parla per citazioni del Ring e del Grand Macabre e ogni 47 minuti viene suonato un grande idiofono, e alla fine non ci saranno le grandi soluzioni ai grandi problemi ma ci si sarà contati e ci si sarà conosciuti e qualche idea sarà emersa e alcune persone avranno scoperto di avere voglia di fare cose insieme e chissà, magari sarà stato l'inizio di qualcosa…

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  21. caro andrea, la tua soluzione mi pare una risposta concreta alla domanda: "come fare?": 1. pagina web (questa?); 2. meeting; 3. esposizione dei problemi etc. etc. (con variazioni da wagner a ligeti inframmezzate da una specie di citazione - ogni 47 minuti anziché ogni secondo, come fece tudor col tamtam - di "566 for henry flint" di la monte young. se qualcuno fosse d'accordo potrebbe esprimere, magari, il suo parere in questa sede? nel frattempo credo che tutti si aspettino le agognate risposte di molti ai quali il post inizialmente era rivolto. dalla SIMC, per ora, nessuna risposta. (chiedo scusa alla matematica ipazia perché ho invertito i nomi, luisa valeria e non valeria luisa, a meno che il chiasmo sia ammesso...).
    dario agazzi

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  22. Ciao a tutti di nuovo.
    In questi giorni ho letto le vostre risposte, per cui vi ringrazio. Mi avete fatto un po' riflettere.
    Proverei in questo intervento a fare un piccolissimo tentativo di sintesi analitica. ;)

    Le prime parole chiave sono: volontà politica, soldi, amministrazione. Voglia di dialogo con alcuni degli interessati.
    Poi, in particolare con Daniele: istituzioni, esempi europei.
    Come fare.

    Io ci ho riflettuto, e due cose, forse arbitrarie, mi sono parse prioritarie:

    1) sistematizzare la discussione.
    a_Quando parliamo di volontà politica, di che livello parliamo? E quale fascia politica ha effettivamente in mano il potere per quanto riguarda la musica in Italia? I direttori artistici, o gli assessori, o le commissioni nazionali che siano per l'attribuzione del fus o per l'osservatorio (!) e lo sviluppo delle arti contemporanee, le fondazioni delle varie casse di risparmio? Nelle nomine politiche, ha più potere (…o significato? un po' teorico, ma…) la persona fisica, non specializzata in ambito artistico, con il suo cursus honorum, oppure la piccola rete di poltrone di sovrintendente che fa circolo chiuso? Queste nomine politiche hanno effettivamente impatto sulla vita musicale, o non avendone possiamo anche dipartirle dalla discussione…?
    b_soldi. E qui, se ci legge qualcuno che ha più nozioni in ambito economico di noi, ci dia una mano.
    Per me, dire che ci siano più o meno soldi è quasi ininfluente (anzi, io per far prima i soldi me li immagino come riempissero il volume del cestello di una lavatrice cosmica, con le eventuali meditazioni sul movimento rotatorio autonomo, e i paradossi del sorite annessi): infatti, come dice Daniele, è come li si impiega il problema. E qui si rimanda all'amministrazione.
    Non proprio la stessa cosa, è per me parlare di quali cicogne li portino, i preziosi fagottini. Insisto, che se la direzione storica italiana (non ho riferimenti precisi al resto d'europa, correggetemi se sbaglio) è di privatizzare, di sciogliere lo stato dal finanziare l'arte, e nel caso italiano si abbina anche il demando alle regioni di funzioni economiche nel campo dell'arte (e nulla di tutto questo è in nostro potere cambiarlo), forse parte della discussione andrebbe indirizzata su chi sono i nuovi finanziatori della nostra musica (non più lo stato), e cosa vogliono in cambio da noi. Se il guinzaglio cambia di mano, possiamo solo imparare a conoscere il nuovo padrone.
    Detto questo, se invece vogliamo concentrarci su dove finisca il grosso dei finanziamenti statali, direi innanzitutto (lapalissiano) nei primissimi festival e istituzioni concertistiche italiane; qui, e c'è stato solo un accenno minimo alla questione, bisognerebbe evocare la microstoria dei bilanci in passivo, dei salvataggi post mortem , dei contributi straordinari che li hanno fatti sopravvivere. Ma non credo concluderemmo molto parlandone, perché - parere aporetico - in questi casi è fisiologico vada così.
    c_Amministrazione. Questo è il grande punto dolente. Voi credo ne sappiate più di me; comunque come primo contributo, a senso direi che vanno individuati gli organi e le persone fisiche che nell'infinita emanazione del potere sono quelli che traducono in decisioni concrete, definite, giorno per giorno, le volontà che noi diciamo politiche. Com'è questa classe amministrativa? Potrebbe avere più competenze? (Però…"Là ci darem la mano", così iniziava Marco: e se la signora pareva fin da subito Zerlina, il seduttore era il Teatro stesso…)
    d_Istituzioni ed esempi europei. Io credo che sarebbe estremamente importante raccogliere informazioni su come funzionino in concreto alcuni dei grandi enti che avete citato.
    Ex nihilo nihil - ci hanno pur detto che bisogna copiare dai maestri!

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    1. 2) In quali aree è realisticamente possibile cambiare qualcosa? Ipotesi.

      a_legislazione in materia musicale.
      b_istituzioni esistenti. Si veda indagine su istituzioni europee. Questa mi sembra sia stata già naturalmente selezionata come area di interesse
      c_nuove iniziative istituzionali. Richiedono un ulteriore apporto di energia alla causa...
      d_Discutere, approfondire, allargare ancora il dibattito, e infine (dico, infine) promuovere dei valori, quelli che ci appariranno più corretti - o, se vogliamo usare un altro linguaggio, condividere dei punti di riferimento per un modus operandi logico ed etico nell'industria culturale italiana.

      Un attimo mi vorrei soffermare su quest'ultimissimo punto.
      Lo sforzo di contenuto, è dopotutto la questione prima e la causa ultima di questa discussione e del vostro blog.
      Condividere punti di riferimento. Prima del cosa, giustamente con chi: avete detto più volte e in più contesti, dove sono i nostri interlocutori? (Abbiamo questa volta la voce di Donna Elvira.)
      (Ma Don Giovanni non è convertibile.)
      Essere centro di mutazione e diffusione di valori culturali vuol dire determinare una persuasione ambientale, che trascende chi non si è presentato all'appuntamento, e in partenza non condivideva le stesse esigenze. (Se la terra è brulla e pochi amano lavorarla, tutti però passeranno volentieri nel giardino fiorito)
      Però la questione dei valori non è affatto semplice, e allo stesso tempo è fondamentale; e va portata avanti con attenzione al di là delle questioni particolari che ho sopra elencato.
      E ovviamente, ha il suo percorso strumentale (modalità di discussione, canali di diffusione, ecc, come avete detto).

      Luisa Valeria
      (con o senza chiasmo, tanto mi vale l'uisonomia)

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    2. E’ Gianni Trovalusci della Federazione CEMAT che scrive; sono d’accordo su diverse analisi apparse nel blog, ma di certo non sulle considerazioni sul CEMAT. Sono coinvolto nelle attività di questo organismo sin dalla sua nascita nel 1996; posso testimoniare che tutto ciò che abbiamo fatto nel corso di questi anni è stato fatto con una continua e costante attenzione e intenzione verso la crescita e lo sviluppo della Musica Contemporanea italiana. E parlo di progetti, concorsi, call, pubblicazioni, manifestazioni, convegni etc.. e dico che questo è stato fatto inventandosi tutto, in un Paese che non ha gli organismi dedicati come negli altri stati europei: i progetti e gli ‘oggetti’, le modalità di farli accogliere da un potere politico–burocratico–amministrativo che riconosce solo a parole, e solo nei testi legislativi e non del tutto, la dignità dell’operare nei linguaggi della contemporaneità. Lo dico non perché tanto tutti dicono così, ma perché ho provato sulla mia pelle ciò che sto dicendo, attraverso ore e ore di lavoro, perché tanto ci vuole, dedicate alla invenzione, nascita, crescita dei vari progetti.
      Un’altra difficoltà è la frammentazione del settore; nel 2005 nacque in modo spontaneo una rete di associazioni di base della musica contemporanea RITMO (rete Italiana Musicisti Organizzati) che per un po’ ha funzionato (trovate a questo link finalità e attività http://www.federazionecemat.it/index.php?id=6.3&lg=it) per poi languire e di fatto fermarsi…Un altro progetto che ho portato avanti ‘con le unghie e coi denti’ è stato SONORA, per la diffusione della Nuova Musica Italiana nel contesto internazionale. Dopo dieci anni di attività il Ministero degli Affari Esteri ha deciso di non riconoscerlo più come suo, come aveva fatto, e di bloccarlo, senza peraltro sostituirlo con un’iniziativa analoga (e questo è il fatto doppiamente grave!), SONORA ha realizzato tantissimi concerti e manifestazioni fuori Italia; trovate al link dichiarazioni di diversi musicisti come testimonianza del progetto e tutte le attività svolte anno per anno (http://www.federazionecemat.it/index.php?id=2.2.17&lg=it) ; ora abbiamo avuto tagli enormi, superiori alle percentuali dei tagli lineari; per tutta risposta ci siamo ‘inventati’ Radiocemat, che immagino conosciate.
      Potrei continuare con un elenco quasi eccessivo delle cose fatte (ove ripeto fatte significa ideate, proposte, condivise con tantissimi enti e istituzioni italiani e internazionali, realizzate, etc.), e per me anche doloroso in questo momento di contrazione forte, ma non ho scritto con questa intenzione, bensì per comunicare a tutti che se dalla discussione in atto emergono delle proposte, io ci sono. Cordialmente, Gianni Trovalusci

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  23. caro trovalusci, la sua risposta è un contributo importante e molto apprezzabile, in primis perché è il primo rappresentante, di una delle istituzioni citate nel post, a scrivere direttamente su questa pagina. tuttavia, lei segnala con lodevole precisione iniziative che - seppur splendenti di un glorioso passato - sono, appunto, passate da tempo: la "rete italiana musicisti organizzati" (RITMO) data infatti 2006 (8 anni fa) e la SONORA per la diffusione della nuova musica indica come ultima stagione concertistica le date 26.1.10 - 8.2.10; ovvero più di 4 anni fa. marco momi scriveva nel post che "alcuni siti (fra cui quello della federazione CEMAT) sono aggiornati al 2006". magari è leggermente improprio, perché il sito c'è, ma le iniziative, a tutti gli effetti, risalgono ad allora. naturalmente c'è radiocemat: io mi auspico si possano fare grandi cose con i canali delle webradio, sempre AD MAIORA!

    per quanto invece scrive giustamente capra ipazia: il punto 2 a_ (cioè "legislazione in materia musicale") è una chimera. se sfogliate l'enciclopedia pratica bompiani in 2 voll. del 1938, si troverà una voce inerente la "creazione ormai data per assodata" di università italiane dedite all'insegnamento della storia della musica come disciplina di facoltà (un luogo d'insegnamento dedito solo a questo). naturalmente ciò non è mai avvenuto. non dimentichiamoci poi che l'ostilità - tutta italiana - nei confronti della musica odierna alberga in seno alle istituzioni stesse (è un antico problema che rimonta alle teorie crociane in fatto estetico). la legislazione, dunque, la lascerei stare. gli altri punti mi paiono tutti condivisibili, sempre tenendo presente - per usare categorie molto datate ma sempre utili - la "struttura" ( = danaro + amministrazione dello stesso) per poi pian piano edificarvi la "sovrastruttura".

    saluti,

    dario agazzi

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  24. Caro Gianni Trovalusci, il mio ringraziarla per il suo intervento vuol essere un gesto molto sentito, abbiamo lamentato l'assenza di feedback da parte delle Istituzioni citate nel post e ci fa sinceramente piacere riscontrare una reazione intesa a colmare il silenzio. Personalmente non ho nulla contro il CEMAT, ho lavorato con voi (per una call e per un progetto SONORA del 2005 credo) e mi sono trovato bene. Non si tratta però di questo. Testimoniare il lavoro svolto è sacrosanto come sentiti furono i miei ringraziamenti. Di base io ammiro chi lavora, e lei testimonia un lavoro ammirevole. Il fatto che vi sottopongo è che molti compositori della mia generazione (che non sono più tanto giovani) non si sentono rappresentati, coinvolti, aiutati o stimolati dalle Istituzioni italiane di carattere associativo citate nel post, in questo senso (almeno per parere personale) anche dal CEMAT. Forse anche per via degli interlocutori che l'associazionismo musicale sceglie. In realtà non ho notizie relative al coinvolgimento nella vostra attività di progettazione, degli artisti (di calibro internazionale) che l'Italia ha espresso negli ultimi 15 anni. Quanti dei nomi che voi mensilmente pubblicate nella sezione "news" collaborano attivamente alla ideazione e definizione di progetti? Intendiamoci, non parlo di colpe ma di responsabilità della scelta e scegliere è legittimo. Trovo ovvio e giusto che nel 1996 abbiate preferito scegliere di collaborare con i (giovani) Centri che ora risultano Soci, ora però siamo nel 2014, c'è un'altra generazione che esiste e che non predilige la via associativa. I compositori italiani non fanno più riferimento alle scuole romane o milanesi ma ai contesti francesi o tedeschi (solo per citarne alcuni forse lontani dalle vostre sensibilità), sapendo che molti di loro non sono più "emigranti" ma semplicemente comunitari (e quindi italiani), come pensate di coinvolgerli? SONORA ha chiuso da anni e Radiocemat (con tutto il rispetto per chi ha portato avanti il progetto) fatico a considerarla un'attività di produzione. Negli ultimi anni CEMAT è particolarmente produttivo dal punto di vista dell'organizzazione dei convegni sulle tematiche della politica culturale. Capisco, costano poco, chiamiamo valida e solida gente del posto etc etc ... ma sinceramente comincio a chiedermi: questo tipo di attività è finalizzata alla tutela dell'Istituzione o alla tutela della produzione artistica? La mia generazione non vi conosce, io stesso (che ho pure lavorato con voi) non ho nemmeno mai avuto il coraggio di scrivervi quando dall'estero mi chiedono: "...don't you have any Italian Institution in Italy that could support you in this production? At least about refounding train tickets?" (capita decine di volte all'anno a tutti noi di dover rispondere imbarazzati: "no"). La chiusura progettuale (più o meno volontaria) verso una generazione riconosciuta internazionalmente, fa il paio con un dubbio che ci solletica, relativo all'altra sponda alla quale talvolta parlate in nome di chi vi è ormai un poco lontano: la politica. Alla luce del rinnovamento della classe politica italiana, siamo certi di volerci affidare a degli interlocutori che hanno un bagaglio di esperienza maturato nel confronto con la precedente classe dirigente del paese? La questione relativa all'affidabilità degli interlocutori con quest'ultima mi sembra legittima, anche perché, alla luce dell'attività degli ultimi anni, io sinceramente comincio a chiedermi se il tipo di amore che abbiamo per l'arte musicale contemporanea sia un affetto della stessa natura.

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  25. Un'ultima piccola osservazione riguarda i tagli. Nel risponderle la cito "Un’altra difficoltà è la frammentazione del settore". Bene, un nodo è forse questo: CEMAT e altri sono nati da altri, in pratica tutto si è _a suo tempo_ frammentato per dare risposte reale a problemi reali: essere più efficaci nel trovare fondi (essere più piccoli per essere più agili). Ora mi chiedo se tutto ciò abbia ancora senso di essere mantenuto. Al primo taglio crolla il sistema, i pochi fondi si usano per farlo rimanere in piedi ed è qui che un poco mi inquieto. Le parlo sinceramente, non vorrei che per far sopravvivere l'associazionismo culturale italiano, si scelga di far morire quelli che la cultura musicale sono chiamati a produrla; non vorrei che la tutela della musica contemporanea sopravviva alla musica contemporanea. CEMAT lancia molti appelli, organizza convegni che testimoniano l'allarme, ora, l'allarme ve lo confermiamo anche se figure come le nostre non sono mai state contattate per corroborare tali tesi. In anni in cui avete avuto canali di accesso con il mondo politico non è nato nulla in termini di "sistema" (eccetto l'ex SONORA) in grado di dare solidità all'intervento culturale, parlo di riforme, di riorganizzazione nazionale delle politiche culturali.
    Io vi ho dato fiducia e ora inizio ad essere preoccupato, vi lancio questo segnale con la speranza che possiate recuperare energie (prima di fondi) utili alla missione comune (se esiste una missione comune). Ci fa molto piacere sentirvi interessati alle proposte che faremo, la cosa mi sorprende piacevolmente, in caso di bisogno vi contatteremo. Grazie ancora e buon lavoro.

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  26. mi permetto di pubblicare in questa sede il materiale recapitatomi da DAVIDE ANZAGHI, presidente della SIMC citato nel post. materiale che anzaghi stesso avrebbe voluto pubblicare su questo blog ma che, per ragioni legate alle modalità di iscrizione come utente, non ha potuto inviare. (colgo l'occasione per dire che, in effetti, non è molto immediata la possibilità di inviare "rapidamente" commenti sul presente blog, a meno di essere già iscritti ai varî sistemi forniti dai blog). saluti, dario agazzi

    di seguito potete leggere la DICHIARAZIONE D'INTENTI della SIMC ed il MANIFESTO (risposta successiva) della stessa:

    DICHIARAZIONE D'INTENTI
    La SIMC - secondo quanto sancisce il suo Statuto - dichiara di non svolgere il compito della promozione economico-professionale del Socio-individuo. Scopo principale, primario e primigenio della SIMC è il sostegno della musica d'arte del presente riferito al contesto sociale: nel quale il predetto sostegno si attua. Nell'additare la natura "non lucrativa" della Società (non riceve alcun contributo pubblico) si conferma che la SIMC non si asterrà mai dal sostenere i propri Soci (compositori e/o interpreti che siano) con tutti i mezzi a sua disposizione ma con strategie aliene dall'essere repliche sindacali, surrettizie agenzie di lavoro e occasione di diffusione di musiche di discutibile qualità.
    I benefici del Socio-individuo scaturiranno dalla sensibilizzazione del contesto sociale negligente nei confronti di una musica d'arte non motivata da fini consumistici. Nell'esercizio di tale azione restaurativa di interessi musicali non mercificabili s'inserisce il vantaggio del Socio-individuo: nella proficua scia di una navigazione verso la rinascenza della musica d'arte il Socio opererà in un contesto più attento al valore molteplice della musica d'arte.

    Pervenire ai risultati additati occorre rifarsi, declinandola, alla celeberrima enunciazione kennedyana: che cosa può fare il Socio per la SIMC piuttosto di che cosa può fare la SIMC per i Soci? Soltanto con una positiva risposta al primo quesito si potrà agire efficacemente in un contesto sociale ed economico che disdegna un'arte che vorrebbe anche piacere ma non compiacere.

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  27. sempre dal materiale di DAVIDE ANZAGHI:

    MANIFESTO:

    La SIMC sorse negli anni Venti del secolo scorso. Sorse anche come vitale risposta alternativa all'epigonismo del melodramma: estinto con l'estinzione della tonalità, ultimo codice compositivo capace di consentire melodia e armonia in reciproca simbiosi.

    Sorta con intenti anticonformistici la SIMC attraversò la storia della musica d'arte italiana mai rinunciando ad essere interprete di esigenze nuove.

    La onnipervasiva presenza della musica di consumo sospinse i compositori colti in un angolo sempre più stretto nel quale si ritrovarono molti compositori che con il sorgere delle neoavanguardie musicali non si posero il problema della ascoltabilità della musica d'arte e si consegnarono talvolta al solipsismo o addirittura all'autismo.

    Problema centrale dello smarrimento di una collettività di fruitori fu la errata enunciazione del problema della comunicazione. La difficile e/o impossibile accostabilità della nuova musica d'arte fu correttamente percepita come votata alla negazione della comunicazione. Si posero pertanto in atto tentativi di comunicazione: anzi di volontaristica comunicazione. Tentativi fallaci.

    La nuova SIMC ripropone un'aurea soluzione che fu la soluzione adottata dai grandi compositori di ogni epoca. Della comunicazione non s'ha da occuparsene, essendo impossibile ad essa sottrarsi. La negazione della comunicazione si converte infatti in comunicazione della negazione. Stravinskij lo scrisse additando la ricerca della comunicazione o il suo diniego come attività extra-compositiva se non addirittura anticompositiva. Non compete al compositore essere o non essere comunicativo. Chi si attardasse a voler essere o non essere comunicativo esorbiterebbe dal proprio far musica. La musica ha solo da essere bella e ben fatta.

    saluti,
    dario agazzi

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  28. Non conoscevo il manifesto della SIMC. Lo trovo allucinante nel 2014 – davvero allucinante. Mi sembra scritto nel diciannovesimo secolo... Secondo me manifesti come questo sono parte del problema, non parte della soluzione.

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  29. dal sito di anzaghi:

    davide.anzaghi@fastwebnet.it

    saluti, dario agazzi

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  30. Gentile Dario Agazzi,
    grazie per l'informazione, ma la cosa interessante è che il dibattito debba essere pubblico.

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    1. gentile raffaele grimaldi, anche a me piacerebbe accadesse quanto lei scrive. quel che potevo fare sollecitando la SIMC era questo. naturalmente spero che altri intervengano in merito. saluti, dario agazzi

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  31. Mi spiace, ma devo dire che il manifesto e l'istituzione condividono la stessa opacità. Saluti.

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